Writing Prompt #2: Gli ultimi cinque anni

PREMESSA: Ho scaricato un app – “Writing Prompts” – che serve per allenare la scrittura. Dà una serie di spunti, di stimoli (“prompts”) per farti affrontare la pagina bianca ed esercitarti costantemente. Vorrei provare sul blog a pubblicare quanti più brani stimolati dall’applicazione, perché mi sembra un esercizio carino, che può anche servire a farmi staccare la spina dai lavori che ho in cantiere.

Francesca lo aveva scoperto così. Un colloquio come un altro, in occasione delle analisi di routine. Un brutto male le era stato diagnosticato e il mondo le era subito crollato addosso.
«Dottore, quanto mi resta?»
Quella domanda, così inflazionata e così banale, che riusciva a disvelare tutte le paure e le insicurezze dell’uomo, niente più che un granello di sabbia esposto alle bizzarrie del vento, alle bizzarrie di un universo troppo più grande di lui per essere controllato.
Francesca aveva trent’anni esatti, quando era venuta a conoscenza del tumore. Una brutta malattia del sangue, che non era stata presa in tempo. Le terapie, spaventose ed estenuanti, erano un’opzione. Ma i medici lo avevano fatto capire: era quasi impossibile che la diagnosi fosse sovvertita, che le rimanesse una possibilità. Con un’assistenza farmaceutica adeguata, però, le era stato prospettato di poter vivere adeguatamente altri quattro, cinque anni di vita.
Dinanzi a sé aveva gli ultimi cinque anni, e poi avrebbe detto addio a quella vita, prematuramente, non c’era che dire.
Ci ripetiamo che avremo sempre tempo per realizzare i nostri sogni, che ci sarà sempre un periodo migliore. In realtà, non è sempre così. Ora lei aveva una data di scadenza. Ma come impiegare quei cinque anni?
Fosse stata una ricca ereditiera avrebbe mollato tutto e sarebbe partita per un lunghissimo viaggio. Avrebbe visitato terre sconosciute ai più e vissuto tutte le avventure che avrebbe potuto…

francesMa Francesca era soltanto una segretaria in uno studio dentistico, single e con un paio di gatti a carico, Mimì e Lollo. Non aveva nessuno da cui rientrare a casa. Non un fidanzato, né un marito. Ma forse era meglio così. Era felice di poter piangere, senza dovere spiegazioni a nessuno.
L’ultima sua relazione era naufragata due anni prima, e da allora era stato così difficile rimettersi in pista. Era arrivata, però, ad essere orgogliosa della sua vita. Era indipendente, faceva ciò che voleva e se ne fregava del giudizio della gente. Se l’amore doveva arrivare, sarebbe arrivato, tendeva a ripetersi. Adesso, però, sapeva che non ci sarebbe stato nessun grande amore, nessun matrimonio, e nemmeno dei figli. Solo cinque anni di vita. Restava soltanto da capire come li avrebbe vissuti.
Il primo anno successivo alla notizia, Francesca lavorò duro, e risparmiò più che poté. Alla fine dell’anno, sul conto in banca aveva poco più di ventimila euro e un paio di migliaia di euro se li fece dare dal padre, quando lei gli rivelò che aveva deciso di partire per un viaggio. Non aveva detto a nessuno della malattia. Aveva soltanto fatto capire che aveva bisogno di prendersi una pausa dalla solita vita.

franInsieme a Mimì e Lollo, fece una serie di viaggi in giro per l’Europa, muovendosi in treno o in pullman, trovando, in ogni dove, gli alberghetti e gli ostelli che accettavano animali al seguito. Visitò tantissime città, che aveva sempre sognato di vedere e la cui esplorazione era stata perennemente rimandata a un momento migliore. Parigi, Vienna, Berlino, Monaco. La Svizzera no, era troppo cara. E se voleva gestirsi i soldi, non poteva sprecarli tutti in pochi giorni.
A Vienna aveva conosciuto Alexiei, un musicista russo, che girava per i locali e faceva piano bar. Cantava e parlava in un inglese perfetto. Aveva un paio d’anni meno di lei, ma era rimasto irrimediabilmente attratto da Francesca e da quello che sembrava un puro spirito bohemienne, dietro al quale si nascondeva la consapevolezza di una condanna di morte. Avevano passato notti meravigliose e parlato fino a tardi, ridendo di nulla.
Poi era partita: nessun legame poteva durare più di qualche giorno, altrimenti l’addio sarebbe stato troppo sofferto.
Circa quattro mesi dopo, Francesca aveva finito le risorse e si era decisa a tornare in Italia. S’era trasferita dai suoi ed era rimasta giusto il tempo di vendere il suo bivani e ottenere altri soldi per continuare la sua avventura.
«Figlia mia, cosa fai? Vedi che te ne pentirai!»
La madre aveva strepitato. Non accettava questi botti di testa di Francesca. Avrebbe dilapidato tutti i soldi che aveva, tutte le risorse, e sarebbe tornata una seconda volta per non avere niente. Né casa, né lavoro, né prospettive. A quel punto per lei fu inevitabile rivelare ai genitori la ragione di quei viaggi, di quel cambiamento radicale. La madre pianse, il padre pure, ma aveva già capito.

franceFu il tempo di visitare gli States. Dannazione, Francesca lo aveva sognato da tempo. Aveva esplorato tutte le città che aveva imparato ad amare nei film che guardava su Netflix. Aveva mangiato ogni variante di cheeseburger e una quantità infinita di patatine. Aveva messo su peso, ma non se ne preoccupava. Alla fine, non doveva mancare poi molto ai tempi in cui avrebbe smesso di avere fame.
Aveva vissuto a pieno la vita per un po’ di tempo. Aveva fatto molto sesso, bevuto tanto e letto una dozzina di romanzi in lingua inglese.
La vita al limite, però, l’aveva spossata e la malattia era avanzata. Mancavano ancora due anni alla scadenza prevista, e lei si era decisa a tornare dai suoi genitori e dai suoi gattini.
Ritrovò Mimì molto malata, e, per quanto paradossale potesse sembrare, Francesca soffrì per la micina più di quanto aveva sofferto, quando aveva scoperto del proprio male. Per mesi si dedicò soltanto della gatta, sperando si rimettesse. Alla fine, però, Mimì non ce la fece e a lei restava poco più di un anno, da passare tra nausee, capogiri e flebo per tenersi in piedi.

francescaL’ultima estate della sua vita fu significativa. Era visibilmente dimagrita. Era la malattia, ma non importava. Era felice di indossare il bikini dei suoi sogni. Era costato più del vestito della laurea, ma era l’ultimo sfizio, forse. Il sole non era il massimo, ed infatti Francesca andava al mare la mattina prestissimo e leggeva storie di personaggi che avevano davanti più pagine da vivere di quanti giorni restassero a lei.
Una sera di quella stessa estate, incontrò per caso Davide, il suo ex storico. Avevano convissuto per anni e si erano lasciati dopo un periodo caotico in cui non riuscivano a smettere di litigare. Tornando indietro, avrebbe provato a tener duro più di quanto aveva fatto. Anche se, ora, era felice che lui non fosse vincolato a lei, che stava per dare l’ultimo saluto a quel mondo.
Lui si era accorto subito che qualcosa non andava. E i due avevano parlato apertamente, di fronte a un gelato, che lei aveva lasciato squagliare senza nessuna spinta da parte dell’appetito. Le lacrime sgorgarono nel bel mezzo di un localino con le assi di legno al pavimento, a pochi metri dal mare. Si abbracciarono e lei pianse come non aveva pianto dalla sera in cui aveva saputo della malattia.
Non sapeva che la notte che si apprestava a vivere sarebbe stata l’ultima della sua vita.

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