Non esiste un modo corretto di essere uomini
“Mi dico che non importa. Che conta quel che rimane, non ciò che si è perso. Che si può continuare a essere quel che si è, nonostante le cicatrici. E che un uomo, forse, alla fine sta soprattutto in ciò che sceglie di salvare mentre il resto cade giù.”
Vi avevo parlato di Bussola soltanto qualche giorno fa e oggi torno sulla scena del delitto per parlarvi del suo ultimo libro: “Un buon posto in cui fermarsi”.
Si tratta di una raccolta di storie (potremmo chiamarli anche racconti, da un punto di vista tecnico, ma preferisco usare la parola storia) di uomini che vivono la loro vita e si dimostrano diversi, ognuno a loro modo, ognuno lontano dal ruolo e dal modello di uomo che la società ha designato per lui.
Il libro si pone l’obiettivo di raccontare e dare rappresentazione alla fragilità maschile. Io, però, parlerei più che altro di sensibilità. È un libro che ci parla della sensibilità (e, molto spesso, anche della sentimentalità) dell’uomo, alle prese con una vita già scritta, alla quale, però, in qualche modo decide di ribellarsi.
È un raccoglitore di storie che ci insegna che non dobbiamo mai accettare lo scorrere degli eventi pensando di non poterlo cambiare e che la fragilità e la sentimentalità non sono esclusive dell’universo femminile ma sono tratti caratteristici dell’umana esistenza.
È un libro ottimamente scritto ma che non mi rovista tra le viscere come il precedente che ho letto di questo autore. Un paio di storie sono delicate e meravigliose, le altre non restano impresse come dovrebbero.

