“Tu meriti di essere felice. Non credi?”
Mi sono imbattuto più volte nell’ultimo mese di fronte a questo libro. Libro di cui avrò sentito il titolo almeno un bilione di volte e che finalmente ho deciso di leggere.
Le nostre anime di notte parla di una coppia di anziani che, stanchi della solitudine, provano a condividere insieme la notte. A parlare, soprattutto.
È un libro che racconta l’incontro, il desiderio umano di vincere la solitudine e di vivere il legame. È un libro che trasuda umanità nel modo più schietto del termine e che ci ricorda che la felicità molto spesso (quasi sempre?) è un gioco di relazione.
Addie e Louis sono due personaggi tratteggiati, simili a tanti altri, uniti dal desiderio di vivere pienamente gli anni che rimangono.
Le nostre anime di notte ci ricorda il valore del tempo e il valore della parola.
È un romanzo che ci difende dai pericoli del quotidiano in cui si dà per scontata la comunicazione.
Ma è un romanzo che parla anche del rapporto fra felicità e pregiudizio e che ci insegna che dovrebbe importarci solo di ciò che ci fa stare bene. Rinunciare alla felicità per zittire le malelingue non è mai una soluzione vincente.
Nonostante l’importanza della tematica, ho trovato questo libro fin troppo delicato, incapace di scendermi sotto la pelle e di avvinghiarmi le viscere. Lo avrei preferito più intenso e straziante.

