Un salto nei “Cadaveri squisiti” di Valeria Biuso: un romanzo nichilista e onirico dal sapore unico

“L’ultima volta che andai a casa sua era un fine settimana, la moglie era via a sbrigare non so che cazzo di affari. Me ne stavo accartocciato a fumare una delle sue Marlboro sopra le lenzuola di raso impregnate del fetore di profumo da donna, floreale, dolciastro e più mi sforzavo, più non riuscivo a immaginarmeli insieme, affannati e stanchi come lo eravamo allora, ma senza sangue, singhiozzi ed ematomi.”

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Sono molto felice di aver finalmente trovato il tempo di parlare del libro di Valeria Biuso, Cadaveri squisiti, edito Re Artù edizioni.

Ho letto questo romanzo in anteprima, dal momento che Valeria è la scrittrice con cui mi confronto di più in merito ai temi della scrittura creativa e del mondo editoriale.

Tuttavia, vi assicuro che quello che dirò sul suo romanzo è onesto, senza alcuna macchia di amicizia o rispetto per la persona che ha prodotto questo testo.

Cadaveri squisiti è un romanzo che non recensisco, ma che proverò ad analizzare, nonostante si tratti di un manoscritto unico, che sfugge alle definizioni. Nessuno sarebbe in grado di evocare alla perfezione quella che è l’esperienza di lettura che offre Cadaveri squisiti.

Esperienza, però, è un termine chiave. Si tratta di un libro impregnato di odori, più o meno sgradevoli, di sensazioni differenti e variopinte, oniriche, stranianti. È un concentrato di viaggi mentali e di incubi veri, verissimi, incastrati con durezza nella realtà contemporanea, soprattutto in quella realtà che è la mia città natale, Catania.

“È buffa la danza di morte delle falene. Piccole bestie idiote che friggono in processione. Non possono neanche pensare al perché fiondarsi sul neon. A loro basta seguire la luce, il loro dio freddo e splendente, per incenerirsi senza analizzare, sviscerare, osservare, premeditare, senza farsi domande. Improvvisano.”

Cadaveri squisiti è un romanzo da vivere, da interpretare più che da leggere passivamente. È una sfida alla comprensione di un personaggio che io ho banalmente definito “damaged goods”, durante una chiacchierata con l’autrice. Un personaggio che sembrerebbe non avere più nulla da offrire o da chiedere alla vita, la cui vita si trasforma in una mina pronta a esplodere nelle vicinanze di chi malauguratamente decide di avvicinarsi a lui.

È una storia grigia e nichilista e, allo stesso tempo, piena di vita pulsante, di immagini e odori che ti si attaccano agli occhi e alle pelle, come se fossi presente durante le scene narrate nel romanzo.

Il mio consiglio è quello di immergersi in questo romanzo, in questa esperienza molto lontana da tutto quello a cui è abituato il lettore medio in Italia. Il romanzo di Biuso saprà lasciare in bocca il gusto raffinato di qualcosa di non comune, grazie alla combinazione fra personaggi avariati dall’esistenza e a una scrittura che brucia sulle pagine come un ago incandescente sulla pelle.

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