“Quello che comincia come amore rapidamente si trasforma in una sorta di odio inevitabile, e l’odio è persino più bisognoso d’attenzione, persino più divorante di quanto lo sia l’amore. Ti risucchia tutto dall’interno.”
Può un amore non corrisposto diventare un’ossessione lunga un’intera vita? È questo il nocciolo di “Il party” di Elizabeth Day, un romanzo che ci racconta la storia di Martin, Lucy, Ben e Serena.
Due ragazzi si conoscono in una scuola privata e sviluppano un rapporto d’amicizia nato in modo tutt’altro che spontaneo. Martin vuole a tutti i costi diventare amico di Ben Fitzmaurice, vuole raggiungere un ragazzo carismatico di un’estrazione lontanissima dalla sua.
La trama ricorda tantissimo quella di Saltburn, ma qui l’espediente dell’amore non ricambiato, camuffato da amicizia interminabile, dura molto più a lungo e, in questo caso, il potere e la classe sociale sono elementi molto più potenti e decisivi della furbizia. Anzi, qui, la persona di estrazione sociale più umile è la più debole, schiacciata da un amore che si trasforma in odio.
“Alla fine siamo solo i due ventricoli dello stesso cuore avvelenato.”
Ho amato molto la storia raccontataci da Day perché è una storia di personaggi ipocriti, rotti, in lotta con i propri desideri, che cercano disperatamente di mantenere intatte le apparenze a cui non crede più nessuno. Una sola eroina nella storia, Lucy, l’unica in grado di infischiarsene delle regole e di provare sentimenti autentici, non macchiati dal risentimento, a dispetto delle più sgradevoli consapevolezze a cui è comunque arrivata anche lei.
“È questo il guaio del fascino. Significa che la si fa franca un sacco di volte.”
L’unico difetto di questo romanzo è il ritmo. L’inizio della storia è veramente faticoso e il libro, a volte, sembra che non voglia mai premere sull’acceleratore. Penso che sarebbe stato uno dei libri più belli letti nel 2024, se avesse avuto un ritmo più incalzante, soprattutto all’inizio, quando – lo ammetto – mi sono vagamente annoiato.

