Silenzio – Le sette vite di Diana Karenne di Melania G. Mazzucco: quando il rispetto per il personaggio uccide il romanzesco

“Il passato non esiste, gli ha detto Dina una volta, è perduto come un paese in cui non potremmo mai tornare.”

Silenzio. Le sette vite di Diana Karenne di Melania G. Mazzucco

Prima lettura portata a termine nel 2025. Oggi preferisco non fare immensi giri di parole. Mi limito a una singola premessa: non sono solito leggere romanzi storici e questo libro è capitato tra le mie mani come lettura mensile del gruppo di lettura a cui partecipo.

Esaurita la premessa, passo al dire che Silenzio non mi è piaciuto.

“Finirà mai questa smania irresistibile di fracassare tutto, andarsene e partire che la assale appena teme di attaccarsi a qualcuno, a qualcosa, fosse anche solo un luogo o una città?”

Non si può dire che l’opera sia incompleta, incoerente o che la ricostruzione storica di contesto o personaggio non funzioni. Anzi, bisogna fare un plauso a Mazzucco per tutta la dedizione con cui ha portato avanti una ricerca che ha, di fatto, intrecciato la sua stessa vita a quella del personaggio di cui ha parlato, Diana Karenne.

Il problema, però, forse è proprio il legame fra autrice e personaggio. A me questo romanzo sembra un’opera omnia. Tutto quello che è stato ritrovato sulla figura della carismatica regina del cinema muto è finito in un romanzo storico-biografico che, a tratti, si è rivelato pedante, prolisso, iperdettagliato.

“Il desiderio fa avverare le fantasie.”

La vena romanzesca emerge, di tanto in tanto, in paragrafi graffianti da cui si deduce la bravura dell’autrice. Peccato che il “romanzesco” di questo libro venga sotterrato dalla parte storica. Mazzucco deve descrivere tutti i contesti storici in cui succede un determinato evento della storia, deve descrivere in maniera monotona e ripetitiva tutte le riprese a cui Karenne ha partecipato, deve dare spazio a tutto. È come se, al momento di decidere cosa avrebbe potuto rendere la storia della vita di questo personaggio avvincente per il lettore, l’autrice non sia riuscita a lasciare andare via niente.

A un certo punto, l’autrice fa capolino tra le pagine per spiegarci che ci sono più teorie sulla fine di Diana Karenne. E io questa irruzione l’ho odiata. Avrei preferito che si scegliesse una direzione e che fosse tutta una storia romanzata. Invece, in alcuni momenti, il romanzo sembrava assumere le sembianze di un manuale di storia.

“Cadendo non si perde la gloria di essere saliti, ride il poeta.

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