Recensione di Hunger Games – L’alba sulla mietitura: un romanzo godibile ma con alcune forzature

“E questo fa parte del nostro problema. Pensare che le cose siano inevitabili. Non credere che un cambiamento sia possibile”.

Suzanne Collins è, di certo, una delle mie scrittrici preferite. Hunger Games ha un posto speciale tra le mie letture, pertanto questo secondo prequel – L’alba sulla mietitura – non poteva che essere un acquisto istantaneo.

Vi avviso, nel corso della lettura, ci saranno dei piccoli spoiler, dunque, se volete affrontarne la lettura, senza alcuna anticipazione, forse è il caso di sospendere la lettura della recensione.

TRAMA:

In questo volume, esploriamo i cinquantesimi Hunger Games, l’edizione della memoria, che prevede un numero doppio di tributi. Con una selezione irregolare, Haymitch viene scelto per partecipare, in qualità di rappresentante del Distretto 12. La sua partecipazione ai giochi, però, viene contaminata dal desiderio di ribellione nei confronti di Capitol City e del presidente Snow. In più occasioni, sfruttando i suggerimenti di Plutarch Heavensbee e di un precedente vincitore, di nome Beetee, Haymitch prova a sabotare i giochi e a distruggere l’arena. Ne ottiene in cambio una vendetta feroce di Snow.

PERSONAGGI:

A parte Haymitch, ci sono pochi personaggi che spiccano in questa storia. Nello specifico, il mio preferito è stato Maysilee Donner. Il tributo del 12 si rivela un personaggio sfaccettato, complesso e determinato. Forse l’aspetto più convincente del libro.

Haymitch ci viene mostrato prima e dopo che i giochi lo cambino. L’evoluzione funziona, ma non è un protagonista che ho amato. Troppe le tensioni (opposte fra loro) che lo coinvolgevano e ne indirizzavano le mosse. Alla fine, è uscito fuori un personaggio meno forte e attraente di Katniss o dello stesso Snow.

GIUDIZIO COMPLESSIVO:

Il romanzo, a mio avviso, è il meno convincente dei cinque libri che narrano la storia degli Hunger Games. Troppe forzature. La Collins poteva risparmiarci il terzo ribelle, come protagonista del libro. Sarebbe stato bello avere una nuova prospettiva sugli Hunger Games. E, invece, abbiamo una “copia-carbone” di “La ragazza di fuoco”, con degli Hunger Games in cui nasce il seme della rivolta, ma con tentativi di sabotare i giochi meno strutturati rispetto ai capitoli cronologicamente successivi.

L’autrice scrive benissimo e ci regala anche alcuni momenti poetici. Nel complesso, però, posso dire che le tante forzature di trama (a un certo punto, è inspiegabile che Snow non elimini direttamente Haymitch) e un finale troppo lungo e pieno di “riepiloghi” sugli accadimenti, rendono questo libro godibile sì, ma nulla di più. Non è un romanzo che mi ha segnato o che mi stimolerà in futuro a una rilettura.

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