“Nessuno vuole che parlino perché la carne non parla.”
Cadavere squisito di Agustina Bazterrica era una lettura che attendevo da molto tempo. Si tratta di un libro di cui si è molto parlato, ma che – lo ammetto – non ha rispettato del tutto le mie aspettative.
Siamo in un futuro in cui un virus ha stravolto l’umanità. Non esiste più il bestiame, la maggior parte degli animali è morta. Questo virus – o, secondo alcuni, un complotto globale per ridurre la sovrappopolazione – ha cambiato il volto all’umanità. La carne che si mangia è quella umana. Una parte dell’umanità viene utilizzata come carne da macello, letteralmente. Si allevano gli umani, umani che vengono spogliati della loro umanità e che vengono trattati come animali per l’industria alimentare, sin dalla loro nascita.
“C’è una vibrazione, un calore piccolo e fragile che rende questa esperienza particolarmente deliziosa. Strappare una vita a morsi. È il piacere di scoprire che grazie alla tua intenzione, al tuo agire, quell’essere ha smesso di esistere.”
Bazterrica dipinge un’umanità senza empatia, portando alle estreme conseguenze il principio per cui “homo homini lupus” e lo esplora in una storia di cannibalismo. Tra trasgressione, desideri proibiti, dissidio fra individuo e collettività, l’autrice dissezione una società distopica e fa riflettere il lettore.
“Dopotutto, da che mondo e mondo, non facciamo altro che mangiarci a vicenda.”
Perché ho detto che il romanzo non ha rispettato del tutto le aspettative?
Innanzitutto, il “tono” del romanzo. Sembra che il ritmo rimanga invariato per l’intera durata del libro. La voce della Bazterrica diviene monotona e monocorde, negando ogni guizzo al lettore, costretto a leggere un libro sì piacevole, ma mai emozionante o davvero sconvolgente. Da una parte, la calma con cui l’orrore viene raccontato sottolinea l’assenza di empatia nella società protagonista del romanzo, dall’altra, però, toglie pathos alla narrazione.
Infine, il colpo di scena finale, a mio avviso, cozza un po’ con il punto di vista del protagonista. Ai miei occhi il comportamento assunto dal protagonista sul finale sbugiarda tutte le sue posizioni e l’introspezione descritta nel resto del libro. Che si tratti di un narratore inaffidabile? Potrebbe essere, ma il colpo di scena arriva come estemporaneo e, alla fine, mi è parso una piccola mancanza di coerenza letteraria, volta a offrire un finale più emozionante al pubblico.

