Recensione di “L’istituto” di Stephen King: un romanzo d’evasione ben costruito e divertente

Sono tornato a leggere King, recuperando il romanzo “L’Istituto”, opera del 2019 che ci racconta la vicenda di Luke Ellis e di un gruppo di ragazzi dotati (telepati e telecineti), imprigionati in una struttura assai particolare, dove la loro mente viene corrotta.

Il romanzo è un misto fra paranormale e horror, con forti tinte fantascientifiche. King torna a sguazzare nelle leggende metropolitane e nelle credenze di una parte del popolo (soprattutto americano). Dall’idea che possano esistere persone in grado di determinare lo scorrere degli eventi – tematica kinghiana per eccellenza -, il nostro amato re parte per costruire un romanzo che ricorda vagamente Stranger Things, che strizza l’occhio anche un po’ agli X-Men, e che soprattutto si lascia leggere molto bene.

È un romanzo valido, che mi è piaciuto parecchio. Unico problema? Ammetto di essermi sentito tanto affaticato nella parte centrale del romanzo, quando King impiega pagine e pagine (e pagine) per descrivere il momento della fuga di Luke dall’istituto e le reazioni assai tardive dei villain.

Escludendo questo momento di stanca, nella fruizione dell’opera, posso dire che il libro sia assai ben bilanciato, e che riesca a intrattenere, senza sovraccaricarti di informazioni e digressioni. Forse, nella parte conclusiva, è un po’ invadente il narratore onnisciente, ma si capisce che l’autore volesse rendere parte il lettore della sua idea di base e dargli appigli per fargli interpretare tutta la storia sotterranea, celata dietro l’Istituto.

Un romanzo che funziona per i suoi personaggi, per il ritmo, per l’empatia inevitabile che si sviluppa fra lettore e gli eroi della storia.

Consigliato a chi ama King e non.

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Un pensiero riguardo “Recensione di “L’istituto” di Stephen King: un romanzo d’evasione ben costruito e divertente

  1. L’ho letto quando è uscito, e mi piacerebbe rileggerlo perché ricordo che non mi aveva fatto impazzire: come hai detto anche tu nella parte centrale il racconto si stagna un po’ (è un problema ricorrente in King e del fatto che non abbia un editor più severo), e mi è dispiaciuto che i villain fossero, secondo me, molto molto bidimensionali.
    Poi ci sono tutti i grandi argomenti di King, dai giovani protagonisti alla luccicanza (gira e rigira siamo sempre lì, la chiama in modi diversi ma siamo sempre in territorio Shining) alla diffidenza nei confronti delle autorità con annesse teorie del complotto.
    Mi sarebbe piaciuto rileggerlo prima dell’uscita della serie, ma non ho fatto in tempo; lo rifarò con calma e poi la recupererò più avanti.

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