La mala erba di Antonio Manzini: la narrazione del veleno quotidiano

Dopo aver ascoltato Gli ultimi giorni di quiete, torno ad ascoltare Antonio Manzini. Ho scelto di recuperare La mala erba, un romanzo duro, scomodo che ci parla dell’asfittica realtà di paese.

Storie intrecciate: una ragazza rimane incinta, il padre è soffocato dai debiti, il prete del paese ha un indicibile segreto e tutti, attorno a loro, cercano di schivare il peggio e di non incappare in guai seri e di non pestare i piedi alla persona sbagliata.

Siamo ai giorni nostri, eppure Colle San Martino sembra un mondo arcaico, vincolato a una mentalità retrograda, che sopprime i sogni e le speranze di chi non ha le risorse per permetterseli.

La mala erba è una storia che ruota attorno ai signori di paese e ai loro sottoposti, è una storia di vinti e di arrabbiati con la vita. Sì, perché non c’è nessun vincente. Chi non viene schiacciato, ha imparato a farsi rispettare, e si vendica di tutto quello che non va, di tutto ciò che ha subito.

È una storia che ci parla di vite che vanno al macero, di veleno quotidiano che nasce dai debiti, dalle speranze inattese, dalla malattia.

Manzini narra il fiele della vita, racconta l’insostenibilità delle bruttezze banali dell’esistenza e lo fa con poesia e spietatezza. Adoro la capacità di Manzini di indagare le oscurità meno trascendentali dell’animo umano, quelle più comuni e diffuse.

Se cercate una lettura claustrofobica, in grado di smuovervi qualcosa dentro, questo è un romanzo adatto a voi.

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