In un’epoca in cui sembra sempre più difficile “sfondare” nel mondo della letteratura, sembra che si sia consolidata una vera e propria ansia dello scrittore. Quest’ansia dello scrittore, troppo timido e troppo insicuro, spaventato dall’idea di non essere “notato”, si trasforma nella sua vita in quella costante esigenza di parlare di cosa significa essere scrittore.
Un’ansia che ha moltissime ripercussioni su quello che poi la persona scrive. Non penso sia un caso, infatti, che, sempre più frequentemente, al centro di un libro o di un’opera letteraria in generale vi stia un personaggio che, guarda caso, è proprio uno scrittore.
Sono tantissimi gli esempi che si potrebbero fare. Basta pensare, ad esempio, a “La Verità sul Caso Harry Quebert”, a “The Wife”, oppure alla saga del Cimitero dei Libri Dimenticati di Zafon.
Riferimenti al mondo della letteratura e all’ambizione della scrittura, però, sono più o meno, presenti in libri in cui la trama, pure, sembrerebbe riguardare questioni assai diverse e assai lontane.
Quello di cui voglio parlare è il fatto che sembrerebbe che ogni scrittore abbia una certa propensione a descrivere proprio il profilo di chi scrive. Sembrerebbe più facile, infatti, tratteggiare pregi, difetti e bizzarrie di un personaggio che abbia le stesse aspirazioni di chi lo ha creato.
L’ansia di non essere apprezzati e pubblicati, porta lo scrittore a creare questo personaggio ideale che vive per la scrittura, e che, alla fine della storia, o raggiunge la fama oppure vive di un sogno per tutta la sua vita.
“La scrittura è un dono non perché ti permette di scrivere correttamente, ma perché ti consente di dare un senso alla tua vita.” (Joel Dicker)
È vero, vi sto presentando questa tendenza come un fenomeno piuttosto recente. Ma si può fare anche un salto indietro per essere certi che questo istinto non è mai stato sopito nella letteratura. Basti addurre l’esempio di “Misery non deve morire”, che, oltreché film cult con Kathy Bates, è un romanzo di Stephen King.
Ma perché agli scrittori piace scrivere di altri scrittori?
Ci sono svariate ragioni.
- La prima, la più intuitiva: ogni scrittore, prima di ogni cosa, parla di se stesso. Verità inconfutabile. Non so se a voi è mai capitato di leggere qualcosa scritto da una persona che conoscete. Ci metterete tre decimi di secondo a capire dove respira, dove vive quella stessa persona in quello che scrive. E ciò è tanto più facile quanto più i personaggi siano “simili” all’autore, quindi, qualora siano anch’essi degli scrittori.
- Si legittima l’atto della scrittura. Essenzialmente per chi scrive, scrivere è una religione. È qualcosa che trascende l’azione. Se tu ami scrivere, scrivere non è mai meccanico. Scrivere diventa un piacere per l’anima. E fare vibrare l’anima è quello che spera di fare ogni autore nelle sue opere. Pertanto per un autore scrivere di una persona che ama la scrittura è tanto comprensibile quanto utile per dare profondità ai suoi scritti.
- Agli autori piace ripercorrere i passi del proprio cammino. Tante volte, quando un autore famoso scrive di uno scrittore in erba, sta, in definitiva, esplorando un percorso fatto di nostalgia e speranze. Un viaggio nel passato, per capire le turbolenze che ha vissuto prima di farcela davvero nel mondo della letteratura.
- A volte, si scrive di scrittori per criticare dei modelli di scrittori non apprezzati. Mi verrebbe in mente di pensare a Robert Bryndza, che, ne “La Vittima Perfetta”, descrive uno stereotipo di scrittore pessimo. Bravo con la penna sì, ma privo di ogni profondità e sensibilità.
“Ogni libro possiede un’anima, l’anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso.” (Carlos Ruiz Zafon)
Non penso di essere stato troppo chiaro, ma penso che questo articolo sia un buon modo per discutere insieme di quanto sia sensato, in fondo, che, così spesso, i protagonisti delle storie che amiamo siano effettivamente degli scrittori.
Se amate profondamente la scrittura, un consiglio per voi potrebbe essere quello di partire proprio dal tratteggiare un protagonista che vi rispecchi, che incarni il “fuoco sacro” dell’ambizione letteraria.
Ogni autore, in fondo, forse per una sorta di egoismo intellettuale, tenderà a pensare sempre che il mestiere dello scrittore è un mestiere di e per eletti e che chi lo porta avanti incarna, dentro di sé, un vero e proprio demone creativo che lo rende diverso da ogni altro.
La vita di uno scrittore, insomma, sembra un buon punto di inizio per costruire attorno una bella storia.
E voi che ne pensate? Avete letto libri con personaggi che svolgevano la “professione” dello scrittore?
Non ci avevo mai pensato, ma in effetti proprio qualche settimana fa ho letto un libro con protagonista uno scrittore!
Bell’articolo!
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Grazie! 🙂
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Di autori protagonisti di romanzi ce ne sono davvero un mucchio. King, soprattutto, li ha descritti innumerevoli volte.
Voglio però citare il talentuoso e misterioso V.M.Straka, autore fittizio che si inizia a conoscere leggendo le note a calce (oltre agli appunti di Eric e Jen) di ‘La Nave di Teseo’.
Affascinante.
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