Recensione de “L’uomo del labirinto” di Donato Carrisi

Buon pomeriggio lettori. Oggi si torna a parlare di libri e vado online con una nuova recensione.

Qualche mese fa stavo incominciando una lettura, che, per un motivo o per un altro, ho accantonato senza avere iniziato. E poi, magicamente, negli ultimi due giorni ho ripreso quello stesso libro e l’ho portato a termine.

Leggere è un po’ così. E’ un impulso, a volte, un innamoramento, ma anche un inseguimento. Capita il momento giusto in cui divori un libro e il momento in cui non riesci a leggere.

Ma, bando alle ciance, e iniziamo la recensione de “L’uomo del Labirinto” di Donato Carrisi.

Donato Carrisi, scrittore e sceneggiatore sulla cresta dell’onda, negli ultimi anni sta ottenendo tanti consensi, malgrado le sue opere non siano certo universalmente comprese e non siano, peraltro, prive di controversie e ambivalenze.

Il libro che ho letto in questi giorni è quello da cui è tratto il secondo film di Carrisi (che penso di recuperare a breve).

Si tratta, in breve, di un thriller dal ritmo incalzante, che si legge d’un fiato e che fa venir voglia di non allontanarsi un secondo dal libro e dalla storia. La storia di un rapimento e di una segregazione durata quindici anni è il pretesto per esplorare le storie di un rapitore psicopatico (e di un’eredità agghiacciante) e di un investigatore agli ultimi sussulti di vita.

La storia è ambientata in un non-luogo ed è la prima cosa che mi balza agli occhi. Sarò fatto all’antica, ma avere uno scenario reale, anche se abbozzato, di solito mi aiuta a entrare nella vicenda.

A dispetto di questo elemento, però, la storia è molto affascinante e Carrisi si rivela un maestro nella gestione del ritmo del suo romanzo. Il ritmo è incessante, ma senza forzature.

Se c’è qualcosa che critico, però, è un finale troppo complesso, quasi cervellotico, che non chiarisce pienamente tutti gli aspetti. O, almeno, per come è scritto, il lettore può provare a interpretare, ma non sarà mai sicuro di aver compreso ogni aspetto dell’epilogo.

Nel complesso, però, mi sento di dire che comprendo il successo di questo autore perché ho stentato a trovare autori italiani capaci di scrivere thriller così incalzanti e, difetti o meno, l’esperienza di lettura è stata oltremodo piacevole, ragione per cui consiglio questa lettura e penso di leggere altre opere dello stesso autore!

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