L’attacco dei giganti – recensione dell’anime: l’umanità è destinata a divorare sé stessa

Credo che non esista anime più straordinariamente denso di significato come L’attacco dei giganti, che ho recuperato di recente, su Netflix e Crunchyroll.

L’anime, tratto dal manga di Hajime Isayama, è una storia post-apocalittica che racconta un mondo costantemente minacciato dai giganti. L’origine dei giganti è sconosciuta e per i nostri protagonisti esistono solamente gli uomini che abitano all’interno delle mura, protetti dai giganti che vagano nel mondo e divorano le persone.

La storia, col passare delle stagioni, diventa sempre più complessa e scopriamo che i nostri eroi non sono soli, che il mondo è popolato, che ci sono nazioni contrapposte e che l’epoca che viene raccontata nella serie non è che il risultato di conflitti antecedenti, durati a lungo, che hanno lasciato una forte tensione politica fra i paesi.

È una storia che “vive” di guerra e di morte. È una storia che indaga sulla violenza insita nell’uomo che, istintivamente, pensa sempre alla sopraffazione come strumento di risoluzione del conflitto, senza preoccuparsi delle conseguenze.

Ogni violenza, però, è generatrice di altra violenza. Il clima di paura per le possibili ritorsioni è miccia che accende gli animi umani, inevitabilmente irretiti dalla guerra come strumento, dalla guerra come unica via per sopravvivere.

Alla fine, i personaggi della serie sono tutti focalizzati sulla morte. La maturità, viene descritta nella storia, come il momento in cui l’uomo non pensa più soltanto alla morte dell’altro uomo, ma inizia a pensare anche a come proteggere sia gli alleati che i nemici dalle morti evitabili.

È una storia che mischia la distopia al fantasy e che riempie gli occhi di una violenza interminabile, regalando alcune variazioni sul tema con tropes derivanti dalle spy stories.

Il finale della storia vede lo spettatore completamente trasformato, come i suoi personaggi. Il nucleo pulsante di L’attacco dei giganti non è più una lotta per la sopravvivenza, ma è l’inevitabile presa di coscienza della natura corrotta dell’uomo che, di fronte a qualsiasi tragedia, evento o manifestazione di pensiero, continua a non comprendere che esistono strade alternative al conflitto. I personaggi più lungimiranti, e anche l’eroe/antieroe della storia, Eren, si rendono conto della situazione. Anzi, Eren è quello che, prima di ogni altro, e più di ogni altro, si accorge che l’uomo non può sopprimere questo desiderio di morte e sopraffazione. Per questo, è disposto a qualsiasi cosa pur di impedire, di togliere gli strumenti empirici al popolo per combattere ancora, per causare ulteriori danni.

Homo homini lupus. È la regola che vige in L’attacco dei giganti che, con più chiarezza e con meno speranza rispetto ad altre storie simili, racconta il difetto fatale dell’umanità, destinata a “divorarsi” all’infinito, senza imparare nulla.

Ci sono svariate altre cose che vorrei dire su questa serie e magari ci tornerò. Sicuramente, appena il ricordo della visione svanirà un po’, prenderò in mano il manga.

2 pensieri riguardo “L’attacco dei giganti – recensione dell’anime: l’umanità è destinata a divorare sé stessa

  1. Ammetto di essere diventato molto insofferente nei confronti di storie che hanno questo tipo di messaggio pessimista e nichilista, che sicuramente è vero, realistico e molto più concreto del mio idealismo inutile, ma il cinismo mi ha un po’ rotto il cazzo, come disse il poeta.
    L’attacco dei giganti è comunque un’opera straordinaria, al di là del fatto che sia d’accordo o meno con la sua ideologia; l’anime è molto molto fedele al manga, per cui è come se lo avessi già letto – e con degli artwork migliori: l’animazione della serie è straordinaria, ma sui disegni di Isayama mamma mia, altro che velo pietoso, secondo me.

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