L’ottava stagione di Grey’s Anatomy sembrava finalmente una stagione normale. I più grandi drammi sembravano risiedere nel tradimento di Hunt e nell’ansia per gli specializzandi di abilitarsi e diventare borsisti. Tutto filava giù liscio, e la dichiarazione di Lexie a Mark sembrava essere il punto più alto di una storia ben costruita e, allo stesso tempo, facile da seguire. Sembrava una serie di intrattenimento, un medical drama canonico, senza quei disastri e quelle sfortune ai limiti del parossistico che tanto avevano caratterizzato il Seattle (Death) Hospital.
L’unica nota stonata poteva sembrare la malattia di Adele. D’altronde solo in una serie di Shonda lo stesso uomo può avere una relazione, nella sua vita, con non una, ma con ben due donne affette dalla stessa grave malattia, ovvero l’alzheimer.
Ma no, non bastava questo. Non bastava la bocciatura della Kepner, non bastava la morte di Henry, non bastava la separazione forzata fra la Bailey e Ben.
No, doveva verificarsi l’ultima delle grandi (e improbabili) disgrazie tra quelle che per avventura sarebbero potute accadere agli specializzandi dell’ospedale di Seattle, ovvero il disastro aereo.
Sinceramente ho odiato lo schianto dell’aereo dall’inizio fino alla fine. Non posso accettare questa ennesima sfortuna; la trovo ridicola. Quante persone possono dire di avere affrontato malattie gravi, morti improvvise, incidenti automobilistici, incidenti di ogni genere, di aver perso amici in modo orribile, di essere state al centro di una sparatoria di un folle e di avere anche sperimentato il trauma di uno schianto aereo? E tutto nell’arco di cinque anni.
A quel punto tanto valeva ucciderli prima, perché chi è sopravvissuto davvero è un uomo di amianto e ha nel suo bagaglio ogni genere di sfortuna e di trauma.
Ma no, Shonda, ha voluto continuare su questo filo tragico(mico) e infliggere l’ennesima tragedia ai suoi personaggi e uccidere alcuni altri protagonisti, così da non abituare troppo bene l’appassionato della serie.
Va detto, tuttavia, che, in qualche modo, malgrado le sfortune paradossali, Grey’s Anatomy rimane un programma di intrattenimento, che non è invecchiato poi troppo male rispetto alle prime stagioni, e che il modo di raccontare le storie è riuscito a compensare alle storture di una trama catastrofica inconcepibile per qualunque altro sceneggiatore.
Sono uscito stravolto dal season finale e, ormai, mi sono arreso al principio icontrovertibile che in una serie di Shonda le sfortune non arrivano mai da sole e che al peggio, davvero, non c’è mai fine!
Una recensione molto divertente e soprattutto veritiera! A me in effetti ha un po’ stancato Grey’s perché è diventato troppo assurdo tra morti e disastri di ogni genere!
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Ma sì, ad un certo punto, forse bisognerebbe solo prenderla a ridere 😉
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