L’undicesima stagione di Supernatural: ultimi momenti di gloria?

Ho finalmente (?) recuperato l’undicesima stagione di Supernatural, serie CW, da me molto amata durante l’adolescenza. Sembrerebbe ancora vitale lo show, a dispetto della sensazione di molti fan (me compreso) che vedono nelle ultime stagioni uno stravolgimento di quello che era il prodotto originario. Gli Showrunners hanno ribadito come le storie con riferimenti biblici non possano essere accantonate e che, anzi, siano esse ad aver tenuto in piedi la serie, ma rimane comunque l’impressione che le stagioni successive alla sesta siano solo il “butterfly effect” dell’Apocalisse.

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C’è da dire che, anche nell’undicesima stagione, ho riscontrato il solito problema. Una prima metà assolutamente mediocre, con la presentazione di una nuova minaccia, che, a prima vista, non regge proprio e il duo dei protagonisti che non può sostenere da solo lo show. E poi, come quasi sempre (dopo la sesta stagione ndr.), una seconda parte più che sufficiente, con una lenta ripresa, che porta anche a puntate divertenti e ad un crescendo che va a creare un episodio finale, di solito, molto atteso ed emozionante.

Paradossalmente nell’undicesima stagione il finale epico è stato il penultimo episodio, con un season finale, invece, che, non tenendo conto degli ultimi fotogrammi, ha portato a termine una vicenda in modo troppo prevedibile e semplicistico, un finale alla tarallucci e vino per intenderci, con Amara che abbandona l’ascia di guerra e riconosce di amare, in fondo, il fratello (Dio).

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La rivelazione di Dio e la sua preannunciata scomparsa sono state gestite adeguatamente ai fini del prosieguo della serie. È stato, infatti, logico non introdurre un nuovo personaggio e disvelare invece Chuck come il vero e unico Dio, che tirava i fili nell’ombra. È stato un bel regalo per i fan di lungo tempo ed ha avuto il pregio anche di riannodare e fare chiarezza su alcuni fili della vicenda che erano rimasti poco chiari in precedenza. E il fatto che abbia abbandonato la Terra, insieme ad Amara, permette al mondo di continuare ad avere equilibrio e, magari, alla serie di avere una storyline non più legata all’Apocalisse.

Un pregio che devo assolutamente individuare in questa serie sono i personaggi. Rowena e Crowley sono le spalle ideali per il format di Supernatural. Riescono a farci ridere e a diventare epici con un battito di ciglia e quando decidono di rubare la scena, davvero, non ce n’è per nessuno. Li ho assolutamente adorati, sia per la performance degli attori che per la loro gestione ad opera degli sceneggiatori.

A questo aspetto, aggiungo di avere anche apprezzato moltissimo il tono sarcastico e ironico della serie, che, nell’undicesima stagione più che nella nona e nella decima, ha assunto un giusto punto di equilibrio, regalandoci scene assolutamente spassose (tra cui spicca il momento C’è Posta per Te tra Lucifero e Dio) senza andare a detrimento della credibilità della storia narrata, come era accaduto in precedenza, quando gli stessi attori dimostravano con la loro mimica l’assurdità delle vicende che affrontavano e delle battute che pronunciavano.

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Mi chiedo cosa verrà fuori nella seguente stagione, conclusasi con Sam apparentemente ferito (o morto?) dopo lo sparo di una donna di lettere, inviata dall’Inghilterra per arrestarlo, e Dean che ha finalmente riabbracciato la madre. Queste basi saranno sufficienti a creare ancora una buona serie?

Presto incomincerò la visione anche della seconda serie e potrò emettere l’ardua sentenza…

3 pensieri riguardo “L’undicesima stagione di Supernatural: ultimi momenti di gloria?

    1. Penso che l’unica stagione che ripropone veramente le specifiche tecniche degli horror è la prima. Dopo la prima spaventarsi per qualcosa è davvero dura, anzi, ad un certo punto la serie diventa veramente scanzonata.

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