Britannia: un’occasione persa da Sky Atlantic

 

Ho da poco a disposizione Sky on demand, ragion per cui ho deciso di guardare una serie di cui avevo sentito parlare, ma a cui non avevo dato nessuna chance. Si tratta di Britannia, serie co-prodotta da Sky e Amazon, rilasciata nel Gennaio di quest’anno.

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Lo show narra le vicende di un generale romano, Aulo Plauzio, alle prese con la conquista dei territori della Britannia, nel 43 d. C., decenni dopo il tentativo di conquistare quelle regioni ad opera di Giulio Cesare.

Il concept della serie è anche intrigante, dato che vuole mettere in evidenza tutte le superstizioni di quelle popolazioni, che avevano creato una sorta di cieco timore da parte degli stranieri, sempre spaventati dal folklore e da quella che era la magia di questi popoli.

Lo show, in qualche modo, cerca di combinare magia, esoterismo e storia. È una sorta di Vikings con venature di Game of Thrones. E, tuttavia, questo mash up non è stato di certo un successone. O meglio, ha raccolto il suo gruzzolo di seguaci, ma non ha mai convinto fino in fondo il pubblico.

Ma quali sono i motivi per cui non ha convinto l’unanimità del pubblico (e nemmeno me)? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

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Partiamo dalla sigla, criticata costantemente dagli spettatori. Si tratta della colonna sonora del film Zodiac, ovvero Hurdy Gurdy Man di Donovan. Una canzone che, come ha detto un utente su TV Time, c’azzecca come il cacio sull’ananas con la serie tv. Il pubblico è di bocca buona, in fondo, avrebbe gradito qualsiasi generica canzone celtica per lo show, ma gli showrunners hanno voluto strafare e il gradimento del pubblico non li ha assecondati.

In secondo luogo ci terrei a confrontare Britannia alle serie a cui si ispira. Ho guardato meno di tre stagioni complete di Vikings, show che mi ha colpito per varie scene ed episodi, ma che, nel complesso, si è rivelato molto distante da ciò che cerco in una serie televisiva. Eppure, trovo Vikings un prodotto adeguato con quello che è l’obiettivo: essere una serie tv storica, piena di violenza e scossoni emotivi. Britannia, invece, finisce per dare poco risalto agli aspetti didattici-storici, che sembrava prefiggersi, e per dare forse troppa attenzione ai guizzi di soprannaturale che popolano le storyline.

Parlavo anche di venature di Game of Thrones, giusto? E, infatti, in Britannia c’è anche una piccola ispirazione alla serie tratta dai romanzi di Martin. Innanzi tutto Divis e Cait possono essere un po’ la brutta copia dell’accoppiata Arya-Sandor. E, oltretutto, le leggende e la magia che aleggiano in una serie storica non possono che essere un tentativo di rendere il prodotto più adatto a un pubblico più vasto e ormai così appassionato al soprannaturale. Ma Britannia è altresì lontanissima da Game of Thrones, e lo è per l’aspetto più importante, nonché quello per cui ritengo Britannia una serie TV non di alto livello.

Senza ulteriori giri di parole, a mio modo di vedere, la critica più grande che può essere mossa alla serie Sky è l’assenza di personaggi intriganti. In tanti hanno commentato la serie, dicendo che “qualcosa manca”. Cercando di dare concretezza a questo senso di incompletezza degli spettatori, mi spingo a ritrovare il difetto nella quasi totale assenza di caratterizzazione dei personaggi, che rimangono bidimensionali. Avendo citato Game of Thrones, colgo l’occasione per dire che, a mio modo di vedere, GOT ha creato un pubblico enorme proprio per il vasto numero di protagonisti intriganti e pieni di sorprese. Britannia, invece, narra le storie di personaggi che, nel migliore dei casi, sono mediocri, nel creare empatia ed interesse. Cait (Eleanor Worthington Cox), come protagonista, è inadeguata. Non so se è un problema di recitazione o di sceneggiatura, ma non è affatto Arya (Maisie Williams) di Game of Thrones. Della sua sorte, alla fine, ti frega pochissimo. Suscitano un briciolo di interesse (ma nemmeno più di tanto) Amena (Annabel Scholey) e Kerra (Kelly Reilly), che sembrano sempre sul punto di dare soddisfazione al pubblico in cerca di un protagonista e di un antagonista all’altezza.

Analizzati i difetti della serie, voglio concludere in modo indulgente, affermando che l’episodio finale è un episodio molto emozionante, che potrebbe anche aver creato i presupposti per una seconda stagione di livello nettamente più alto.

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4 pensieri riguardo “Britannia: un’occasione persa da Sky Atlantic

  1. Non sono d’accordo, @illettorecurioso vorrei chiedere come si fa ad non essere convinti se non si ha guardato almeno un paio di puntate. L’ho trovata interessante, non è la “solita” storia dei romani conquistatori (sebbene sia vero) che in qualche modo annoia ma allo stesso tempo mostra piuttosto concretamente quanto fossero feroci e convinti del proprio essere conquistatori. La storia parla molto di magia e di visioni su un futuro incerto, che pur essendo frutto di fantasia rende molto bene quello che penso sia stato il sentimento storico del tempo. Ma soprattutto, secondo me, mostra come i Druidi, ovvero i sacerdoti e veggenti delle popolazioni autoctone, ed i romani in fondo non fossero dissimili nel modo di porsi verso il senso di divinità, di fato e di destino. Magari non una serie perfetta ma decisamente interessante.

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