Ultimamente sono stato alla ricerca di nuove serie TV e programmi per ampliare i miei orizzonti. Ho deciso, allora, di provare a vedere la serie ABC (che, in Italia, è stata trasmessa sui canali RAI giusto qualche mese fa).
Ero curioso di vedere lo show – che è un adattamento di una serie sudcoreana – specialmente perché sono stranamente attratto dai “medical drama” (sebbene abbia il terrore del sangue e di annessi e connessi). E, devo dire, al termine della visione della prima stagione, di non essere rimasto affatto deluso. Anzi, posso spendere solo parole positive per quello che si è rivelato uno show godibile, leggero e ben costruito.
Per chi non conoscesse la serie, il suo “concept” ruota attorno alla figura di uno specializzando autistico, chiamato a confrontarsi con le sfide e con la competizione che inevitabilmente si affronta all’avvio della carriera medica in un importante ospedale. Sfide che il protagonista, Shaun Murphy (Freddie Highmore) affronta quasi con incoscenza, dando fondo a tutte le sue peculiarità (tra cui un’intuizione formidabile e la sviluppatissima memoria).
Lo show, per essere estremamente chiari, potrebbe essere sintetizzato come una versione di Grey’s Anatomy con un tasso di mortalità decisamente inferiore e nessun disastro al limite dell’inverosimile nella vita dello staff medico. Inoltre, la serie mi ha ricordato anche Dr. House per il fatto che fin troppo spesso i pazienti sono affetti da malattie rarissime.
Di “The Good Doctor” ho apprezzato lo sviluppo narrativo e il modo in cui, senza grossi sconvolgimenti, la regia riesca sembra a tenere alta l’attenzione del pubblico. E ho certamente anche apprezzato la performance di Highmore, che, in alcune scene, trovo davvero straordinario nella parte di un soggetto autistico. Highmore è aiutato da un’ottima sceneggiatura, ma le sue movenze sono davvero perfette.
Va detto altresì che stiamo parlando di una serie che, senza girarci attorno, cerca di proporre ideali e messaggi positivi, e, sebbene siamo ormai un po’ troppo cinici per apprezzare i prodotti troppo “buonisti”, trovo che tale obiettivo venga portato a termine senza strafare e senza far risultare le storie melense.
Tra i messaggi positivi, a mio modo di vedere, oltre al proporre una storia di un soggetto affetto da una patologia che vive “una vita e una professione normale”, c’è anche da sottolineare l’aspetto che il cast (e dunque l’ospedale) sia un meraviglioso esempio di multirazzialità. E’ il primo medical drama in cui i “bianchi” sono in minoranza e non penso che sia una mera casualità.
La serie, inoltre, anche se lentamente, riesce a descrivere e a caratterizzare a dovere i personaggi di contorno, che, verso la fine della stagione, acquistano rilevanza e diventano oggetto di interesse da parte del pubblico.
Posso parlare, dunque, di un prodotto televisivo sicuramente riuscito, di cui, ritengo, vedrò anche le stagioni che seguiranno!
Adesso guardo se c’è su Rai Play perché è da tanto che voglio vederla e dopo la tua recensione mi sono convinta!
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Non so perché ma su Rai Play ci son solo i primi tre episodi
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Ho trovato gli episodi fino al nono e li ho già guardati tutti! Mi sta piacendo un sacco! Dovrebbero inserire i prossimi poco alla volta a quanto pare
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Ah si? Bene. Binge watching compulsivo, quindi ahah 😀
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ahaha sì! Oggi era il mio giorno libero e ne ho approfittato 😉
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