La tiepida serata d’apertura di Sanremo: la review di Serial Escape

Non ho mai disdegnato di parlare di televisione in senso lato e, per chi segue il blog da un po’, sa che amo parlare e commentare Sanremo. Forse sono un esemplare raro nella mia generazione, piena di esterofili e haters del Festival della Canzone Italiana. Io, tuttavia, amo discutere dei costumi e dei trend che escono fuori da Sanremo, che, di tanto e in tanto, si rivela persino ottima cartina al tornasole per comprendere la nostra società in modo globale.

Terminata la doverosa premessa, proviamo a parlare di questa serata d’apetura, andata agli archivi.

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Iniziamo col dire che da Virginia Raffaele e Claudio Bisio mi aspettavo di più. Tutta la serata è filata tra una battuta squallida e l’altra. Le battute erano di un tenore così basso, che persino una Mara Maionchi che sparava parolacce senza motivo avrebbe rubato la scena ai loro sketch da educande.

Il momento peggiore della serata è stato, senza alcun dubbio, il medley dei Musical Cinematografici della Raffaele e del ritornato Pierfrancesco Favino. Canzoni tagliate male e un audio pessimo. Sembrava che non funzionassero nemmeno i microfoni.

Il palcoscenico, così come il conduttore, si rivela sobrio, senza infamia e senza lode. Nessun guizzo particolare da parte di Baglioni.

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L’entarteinment non è stato sufficientemente soddisfacente, ma le canzoni?

Cerchiamo di parlare delle canzoni, dato che, con 24 cantanti in gara, la prima serata è stata quasi interamente cantata (ci sono stati anche Bocelli e Giorgia come ospiti, tra l’altro, che hanno fatto quanto prevedibile e regalato buoni momenti musicali).

A un primo ascolto è difficilissimo giudicare quali canzoni resteranno, quali canzoni emergeranno, quali canzoni concorreranno per la vittoria. In generale, devo dire, ho trovato tutti i cantanti all’altezza, con le loro performance, forse soltanto Motta e Achille Lauro (costui imbarazzante, a dir poco, tanto che il mio grido è stato quello di andare a chiamare Antonella Elia, visti i tesi trascorsi a Pechino Express proprio con lo pseudo-cantante) non hanno retto la pressione di un palco così difficile, o forse, semplicemente, sono quelli con meno voce nel loro bagaglio.

Non ho ascoltato, credo, una canzone di livello straordinario, pronta a distruggere la concorrenza, semplicemente qualche canzone discreta, pronta per le radio. Forse, per quanto di genere “cantautorale”, ho apprezzato in modo particolare la canzone di Enrico Nigiotti. A livello radiofonico, so già che Nek verrà trasmesso a tutte le ore del giorno e della notte e che lo stesso destino avrà l’orecchiabile pezzo di Shade e Federica Carta. Desidero, inoltre, risentire alcune canzoni di cantanti, anche meno famosi, che secondo me hanno del potenziale, anche se non in chiave podio. Il Volo ruba, come al solito, gli applausi, ma la canzone ha un testo di una banalità che avrà fatto inorridire persino Kekko dei Modà. Cristicchi, invece, ha accorpato centomilacinquecento aforismi per scrivere una canzone che è più un romanzo che pezzo musicale (e di fatto non prova nemmeno a cantarla e si limita a “parlarla”). Ultimo porta l’ennesimo pezzo funzionante, tra metrica e parole. Ha una penna brillante, ma la sua canzone, ritengo, sia da riascoltare per capirne le prospettive in chiave vittoria finale.

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Il Premio Trash della serata viene vinto a mani basse dai capelli di Patty Pravo, che rubano la scena, molto più della propria canzone (che, fosse cantata con maggior convinzione dai due, però, sarebbe davvero apprezzabile) e dei co-conduttori, che, invece, mi sento di rimandare.

Inoltre, Baglioni parrebbe aver indetto un premio da centomila euro in gettoni d’oro per coloro che comprenderanno tutte le parole del testo della canzone di Livio Cori e Nino D’Angelo.

Che dire? Alla fine della serata, mi sento di dire di non aver assistito a una grandiosa puntata d’apertura, ma spero che il trio si rifaccia e ci regali qualcosa di meglio e un brio superiore nelle prossime nottate canterecce del Festival.

2 pensieri riguardo “La tiepida serata d’apertura di Sanremo: la review di Serial Escape

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