Ciao Italia,
Oggi ti scrivo, pur sapendo che forse non è il luogo e nemmeno il tempo. Sapendo che la mia lettera rimarrà inascoltata, che le mie parole saranno un grido lanciato nel vuoto.
Ma sento il bisogno di parlare. E non di libri o serie tv, come sono solito fare. E no, oggi non scrivo nemmeno per fare uno schema o un riassunto. Oggi scrivo una lettera. La scrivo a te, Italia, a dispetto di quanto presuntuoso io possa sembrare, ma penso che ci sia bisogno di parole. Di parole giuste, in un tempo che di giusto non ha più niente (o quasi).
Sono sconcertato da quel che sta succedendo. Sembra che tutti i moniti di un passato, poi non troppo lontano, siano svaniti. Sembra che l’odio sia ormai pronto per tornare a regnare sovrano.
Siamo tornati a leggere oscenità scritte in ogni dove, oscenità dette, magari, anche ad alta voce. Ci stiamo riempiendo la bocca di oscenità. Siamo osceni ogni volta che odiamo e che odiamo chi nemmeno conosciamo.
Sono stanco di questo odio inveterato quanto ingiustificato da parte di chi sembra non sopportare più niente. Da parte di chi sembra aver un motivo valido per odiare chiunque non rispetta un canone. Mi sembra di vivere un’epoca che speravo fosse rimasta nelle pagine di una storia, di cui evidentemente abbiamo perso la memoria (a dispetto di tutti quei tentativi di rendere il ricordo un diritto e un dovere di una società civile).
Ho letto e continuo a leggere un’acredine ingiustificata e triste nei confronti di chi ha la pelle di un diverso colore, di chi è diverso in ogni senso, ma che è diverso solo dalla prospettiva di chi guarda.
Italia, mia cara, io lo capisco che ci rode il culo per tante cose. Che è normale anche che ci roda il culo quando non abbiamo un lavoro, quando non abbiamo occasioni, che ci roda il culo quando siamo indietro rispetto agli altri. E anche a me, te lo dico francamente, rode il culo a pensare che probabilmente non vivrò mai nel modo che vorrò, che non farò il lavoro dei miei sogni e che, probabilmente, non avrò nemmeno l’opportunità di provare a dimostrare se quel lavoro me lo potrei anche meritare…
Ma non mi sembra una ragione valida per odiare chi è diverso, chi, rispetto a me, ha qualcosa in più o qualcosa in meno, chi è più alto o più basso, chi ama le donne o chi ama gli uomini, chi ha un colore o chi non ne ha. Non mi sembra davvero giusto. Non mi sembra giusto odiare chi non sputa sull’umanità e che a farlo sia chi guarda all’umanità come una cosa assolutamente da scacciare, come se la compassione o la bontà ormai ti connotino politicamente. Come se non odiare sia diventato un modo di dimostrare a tutti di avere pessimi gusti in fatto di politica. Come se necessariamente, poi, tutte le colpe delle incertezze che viviamo siano colpa di chi non è esattamente come noi.
Io, te lo dico, Italia, apprezzo tutte le persone sensibili. E se mi rode il culo e non sopporto qualcuno è perché quel qualcuno ha smesso di ricordare gli orrori dell’odio e si sente troppo forte (o troppo debole) per essere umano. Non odio nessuno per la pelle che ha, per i gusti che ha, per lo stipendio che ha o per chi si porta a letto. Sto iniziando ad odiare, però, quelli che odiano, perché mi stanno facendo perdere la fiducia. La fiducia che le cose possano migliorare, che un giorno, finalmente, tutti saremo in grado di essere noi stessi, dalla punta dei capelli fino al mignolo del piede.
Io ci spero, Italia, che un giorno nessuno dovrà chiedere scusa per il modo in cui è nato o per il posto in cui è nato. Io ci spero ancora. Abbiamo una storia che ci ha reso grandi, una cultura che ci ha fatto invidiare da tutti e che ci ha portati nel futuro quando eravamo ancora nel passato. Ora, ti prego, Italia, ora che siamo nel futuro non rivendicare il passato… Gli errori son già stati fatti, non li ripetiamo.
Adesso ti saluto, Italia…
Con affetto, non mi deludere.
PS: Scusate il piccolo sfogo, ma ho letto troppi commenti e visto troppi accadimenti che mi hanno fatto sentire questo bisogno di scrivere.