Recensione di “Arrivederci Piccole Donne” di Marcela Serrano

Per la seconda settimana di fila recensisco un romanzo di una scrittrice cilena. Mi riferisco a “Arrivederci Piccole Donne” di Marcela Serrano, attualmente disponibile nella selezione Feltrinelli della Libreria Universale Economica.

Il libro in questione è, a mio modo di vedere, un romanzo di formazione, seppure sia genericamente definita come un’opera di narrativa. Lo considero un romanzo di formazione perché, seppure la storia non segua uno sviluppo rigidamente cronologico, vede le protagoniste della storia evolvere e maturare. E, alla fine della storia, la loro maturazione sembra l’unico obiettivo a cui la narrazione stessa mirava.

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La storia – come si intuisce anche dal titolo – è una sorta di eco al celebre “Piccole Donne” di Louise Alcott, ma da esso differisce per svariati aspetti. Innanzitutto l’ambientazione è un aspetto fondamentale. Le protagoniste – quattro cugine – vengono descritte nella loro infanzia come attaccatissime al “Pueblo”, la zona di campagna in cui sorge la tenuta e la segheria di famiglia. Le quattro, Nieves, Ada, Lola e Luz, trascorrono insieme le estati e diventano unite come sorelle, sebbene tra loro non manchino le differenze e i dissapori. Durante le estati, inoltre, sono solite “interpretare” differenti romanzi e uno di questi, manco a dirlo, è proprio “Piccole Donne”, una storia che, in qualche modo, le segna ed è il principale spunto per una di loro per dedicarsi poi alla carriera di scrittrice. La loro non è una storia semplice e, infatti, presto la famiglia delle quattro si trova a fronteggiare i drammi del fallimento prima e della dittatura cilena poi.

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Il romanzo ha un punto di forza molto evidente nel build-up. La Serrano costruisce un percorso perfetto, che giunge a un climax col capitolo finale. Finisci il libro con il pensiero che ne sia valsa la pena, ma soltanto per quell’ultimo capitolo, che rimette insieme i pezzi e dà un senso a una narrazione non sempre facile da seguire.

Al di là dell’ottima costruzione del finale, però, il libro non mi ha convinto fino in fondo. La narrazione, infatti, è lentissima, quasi immobile. L’azione vera e propria della storia si ha solo nell’ultimo capitolo. Prima è un susseguirsi disorientante di flashback, con alcuni eventi significativi che vengono letti e riletti, dalle prospettive di ciascuna delle quattro protagoniste.

Inoltre, i personaggi più interessanti e più riusciti del romanzo, per me, sono Luz e Lola, le cui storie vengono introdotte in un punto molto avanzato del libro, quando ormai il lettore è finito per affogare nella monotonia della storia di Nieves e nella confusione della storia di Ada.

Non mi ha affascinato nemmeno il continuo avanti-indietro temporale, che, di fatto, mi ha confuso e mi ha fatto perdere il senso dell’orientamento nella storia delle quattro. Sono riuscito a raccapezzarmi solo alla fine, e credo che questo senso di ordine finale sia stato voluto dalla scrittrice, che ha dato maggiore peso ai pensieri piuttosto che ai fatti.

Mi aspettavo una narrazione differente, con un’azione nel presente, da cui si traesse spunto per parlare del passato. Ho avuto, invece, tra le mani una narrazione del passato che ha riempito tutto il libro per arrivare a un evento conclusivo ambientato nel presente. Nella mia ottica, una simile impostazione andrebbe bene se i personaggi fossero tanto interessanti da metterti, sin da subito, curiosità. Invece, la storia parte proprio col personaggio di Nieves, che non ha nessun tratto di particolare interesse e finisce per smorzare qualsiasi entusiasmo del lettore.

Non so se consigliare o meno questo romanzo. La parte finale del libro mi ha portato quasi ad apprezzarlo, ma la lentezza dei primi due terzi della storia è stato un ostacolo veramente duro da sormontare.

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2 pensieri riguardo “Recensione di “Arrivederci Piccole Donne” di Marcela Serrano

  1. Narrare i fatti in ordine cronologico sparso piace molto ultimamente, ma a volte serve solo a coprire il fatto che, senza quel po’ di confusione causata dallo scompaginare le carte, la storia sarebbe lenta e banale. Non so se è il caso di questo libro…

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    1. Il problema in questo caso è che, anche con questa sfasatura temporale, la storia rimaneva lenta.
      Per gusto personale, comunque, non apprezzo i libri, in cui le chiavi di lettura arrivano tutti alla fine, anche se i finali – per carità – si rivelano molto belli.

      Piace a 1 persona

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