La storia di CM Punk, un idolo che non doveva essere tale (Wrestling Nerd)

Oggi, per questa edizione di Wrestling Nerd, voglio parlare di uno dei personaggi più controversi del wrestling business negli ultimi vent’anni: Phil Brooks in arte CM Punk.

CM Punk è stato uno dei wrestler più amati e popolari, divenendo forse la superstar più influente nel business nel 2011.

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Con un passato da top name nelle federazioni indipendenti e un ottimo run (periodo) in Ring of Honor, Punk passa in WWE nel 2005. Per qualche mese lotta nella federazione di sviluppo della major statunitense, per poi debuttare nel Main Roster nella rinata “ECW”, una versione riveduta e corretta di quella che era stata una leggendaria federazione. La WWE trasforma la ECW in un terzo brand e assegna a esso uno show in cui vecchie glorie della defunta federazione si trovano a confrontarsi con nuove leve del business, tra cui si distingue immediatamente CM Punk.

Il lottatore di Chicago ci mette un po’ a ottenere i riflettori puntati, sebbene vanti numerosi estimatori. Paul Heyman, un’icona del business, che era a capo del brand ECW, prova a lanciarlo subito al top, ma incontra le resistenze del proprietario della federazione che non riconosce in CM Punk lo stesso talento.

La gavetta è più lunga del previsto, ma Punk riesce a far suo prima il titolo ECW e poi a vincere il Money in the Bank (un contratto che permette un Match per un titolo mondiale da sfruttare in qualsiasi momento). Pur conquistando anche il World Title, a RAW, nel Giugno del 2008, Punk non riesce a trasformarsi in quel top name che sarebbe servito alla federazione. Dopo un regno da dimenticare, in cui lui e il titolo diventano secondari nello show, Punk sembra destinato a una carriera non esaltante. Ciononostante, la WWE ci riprova e Punk vince ancora una volta il Money in the Bank, per poi laurearsi nuovamente campione, dando vita a una rivalità eccezionale con Jeff Hardy.

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Sul ring i due lottatori portano molto della loro vita privata. Da una parte i tormenti e le dipendenze di Jeff, dall’altra il rispetto per il fisico e per la sobrietà di Punk che si dichiara uno “straight edge” convinto (cioè non assume alcun tipo di sostanza o alcolici).

Al termine della rivalità, vinta da Punk, questi è uno dei volti più importanti e popolari della compagnia, eppure gli anni a venire lo vedono nuovamente scomparire nelle retrovie, fino al punto in cui egli decide di non rinnovare il contratto. Allora scatta qualcosa nel team creativo, che decide di rilanciare in grande stile CM Punk, consentendogli quello che è il segmento televisivo di uno show di wrestling più chiacchierato degli ultimi dieci anni: “la Pipebomb”. Punk prende un microfono e spara a zero sulla compagnia per cui lavoro e afferma che se ne andrà, anche nel caso in cui dovesse conquistare il titolo più importante. Nel 2011 Punk vince il titolo e afferma di abbandonare la federazione (questo evento, così come probabilmente la sua “pipebomb” rientrano in una storia scritta e gestita dalla federazione, ma sono portate in scena così bene da insinuare il dubbio su cosa sia vero e su cosa sia invece predeterminato).

Questa storyline porta CM Punk a diventare uno dei wrestler più importanti del panorama, un vero fattore per la federazione, che addirittura nell’anno a seguire gli permetterà di battere il record come campione WWE più longevo, fino a quando non verrà scalzato da The Rock. Il leggendario wrestler e attore deciderà di tornare sul ring e la WWE organizzerà tutto in modo tale da accantonare Punk per dare i riflettori a The Rock che sfiderà a Wrestlemania John Cena, il volto scelto della compagnia, più stimato dal padrone della federazione (Vince McMahon) di quanto non lo sia mai stato Punk.

Parte un evidente declino per la carriera di Punk, il cui risentimento nei confronti della federazione si accende fino al punto che nel 2014 deciderà semplicemente di abbandonare la WWE, non rispettando nemmeno i termini previsti nel suo contratto (che non verrà comunque risolto dalla federazione per il timore di fare accasare subito il wrestler altrove).

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Ne nascerà un contenzioso tra il wrestler e la compagnia, con accuse da parte di Punk per le condizioni mediche da lui sopportate nel suo run in WWE. Da allora in poi, però, Punk, amatissimo dal pubblico che gli darà in gran parte ragione relativamente alla sua decisione di lasciare la federazione, non si mostrerà soltanto contrario a un ritorno nella federazione che non lo ha mai trattato da star, ma prenderà le distanze dal pro-wrestling. Punk si cimenterà in un improbabile carriera in UFC (prepararsi alla UFC da ultratrentenni è quasi impensabile), che lo vedrà uscire sconfitto e con le ossa rotte da due Match che decreteranno il definitivo addio all’ottagono da parte dell’ex wrestler, che in tutti questi anni continuerà a dirsi restio a ritornare nel wrestling business, criticando proprio il concetto di un prodotto sportivo predeterminato.

La storia di Punk è la storia di qualcuno che è diventato un idolo per gli appassionati di wrestling, sebbene non lo meritasse. Tutti gli anni successivi al ritiro ci hanno dimostrato come il suo abbandono sia dipeso più da una mania di grandezza che da una bruciante passione per il wrestling. Non ha mollato per trovare fortuna in altre federazioni, ma perché si sentiva più grande di un business, che tuttavia potrebbe ancora accoglierlo a braccia aperte. E nel wrestling bisogna sempre ricordarsi che non esistono “mai” e “per sempre”.

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