Ho riletto il calice di fuoco dopo quindici anni: le mie impressioni

Qualche mese fa avevo iniziato una maratona di rilettura dei libri di Harry Potter. Mi sono, tuttavia, interrotto al terzo volume dato che eravamo nel bel mezzo del caos scatenato dalle esternazioni transfobiche della Rowling e io non volevo dare ulteriore visibilità all’autrice.

Negli ultimi tempi, possiamo dire che ho pensato di fare un passo indietro e di riprendere la maratona. Cerco di distinguere, ovviamente, ciò che penso dell’autrice e ciò che penso dell’opera.

Il mio post, dunque, non è da intendersi come quello dei tanti fan della saga che dicono “chissenefrega delle esternazioni della Rowling”. È semplicemente un post dedicato a una saga che ho amato crescendo e a cui rimango ancora affezionato.

Il calice di fuoco

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Ma dovevamo parlare del quarto libro di Harry Potter. Ebbene, cosa ho pensato di quello che, da ragazzino, era stato il mio preferito dei volumi della saga dedicata al maghetto?

Devo ammetterlo: in parte, rileggere “Il calice di fuoco” è stata una delusione. Non so se è la nuova traduzione o altro, ma ho percepito subito tutti i limiti dello stile della Rowling. Forse è la troppa maturità e consapevolezza sui canoni di scrittura del nostro tempo, ma leggendo non potevo fare a meno di notare una certa approssimazione nella descrizione di alcune scene.

Strano a dirsi, ma pur essendo un tomo gigantesco “Il calice di fuoco” è pieno di riassunti di scene che sarebbe stato bello leggere in modo più completo.

Tuttavia, credo che sia un thriller – perché indiscutibilmente “Il calice di fuoco” è un trhiller – ben congegnato, con una struttura chiara che va a dipanarsi e a risolversi alla fine. Sicuramente il progetto e la storia sono migliori – e di gran lunga – della resa in parole che vi ha dato la Rowling. Continuo, infatti, a pensare che sia geniale il mondo da lei inventato.

Un aspetto particolare che mi sento di sottolineare, però, è che con “Il calice di fuoco” non viene aggiunto nessun “grande” personaggio. Forse, solo Barty Crouch jr. e Diggory rimangono nella mente del lettore.

Insomma, mi è mancato quel momento in cui mi innamoravo di nuovi personaggi, come accaduto con “Il prigioniero di Azkaban”, in cui sia Sirius che (soprattutto) Lupin mi hanno subito conquistato.

Mangiamorte e Nazismo

Il Calice di fuoco è, inoltre, il primo libro in cui emerge l’intento della Rowling di sfruttare Voldemort e i suoi villain come una sorta di metafora del nazismo (e anche di altri movimenti dispotici e totalitari).

Quello che nei primi tre libri non veniva descritto in modo chiaro, adesso inizia a distinguersi. Si tratta di un gruppo dell’elitè del mondo della magia disposto a tutto per non perdere il potere e per salvaguardare i propri “ideali”.

Continuo a trovare questo parallelismo uno dei grandi fattori della saga della Rowling.

Film e libro a confronto

C’è veramente poco da dire: il film e il libro si somigliano molto poco. Mike Newell ha deciso di trasformare un libro lungo, in cui erano più i momenti di riflessione di speculazione, in un film dalle tinte fosche, avventuroso e molto, molto leggero.

Se già la vicenda era stata sintetizzata oltremodo dall’autrice, Newell ha ulteriormente “riassunto” e cambiato vari passaggi, tagliando anche alcune sottotrame (la storia di Winky, la backstory di Barty Crouch jr. e il suo incontro con Bertha Jorkins). E, alla fine, ha creato un film divertente, ma che si “dimentica” di essere un pezzo all’interno di un puzzle molto più complesso.

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