Buona domenica lettori e bentornati sulla mia pagina.
Oggi voglio parlarvi del romanzo “Disincanto” di Matteo Zanini, pubblicato dalla PubMe nella collana Literary Romance.
DI COSA PARLA DISINCANTO?
Disincanto racconta la storia di Margaret, una giovane aspirante scrittrice alle prese con un trasferimento inatteso. La famiglia, infatti, si trasferisce nel Rebshire e la protagonista sarà costretta a dire addio alle atmosfere familiari come alle due più care amiche.
La nuova dimora apre inaspettate prospettive a Margaret che, a Shawton, ha la possibilità di incontrare una scrittrice che ammira ma soprattutto ritrova per caso una lettera che le permetterà di scoprire una storia d’amore dall’esito tragico. E proprio questa lettera darà a Margaret nuova vitalità nel suo percorso di scrittrice: scrivere un lieto fine per un amore incompiuto diverrà il suo principale obiettivo.
Il suo sogno, tuttavia, sarà frustrato da una serie di sfortunati eventi e dall’intromissione malevola di alcuni personaggi ambigui.
IL MIO GIUDIZIO
Disincanto è un romanzo di difficile di definizione. Tecnicamente non potrebbe essere definito un romance, dato che il tema centrale della storia più che l’amore tra due persone è l’amore della protagonista per la scrittura.
È un romanzo che parla di sogni e lo fa, trasportandoci in un’altra epoca. Disincanto, infatti, ci riporta nelle atmosfere del diciannovesimo secolo. Sono evidenti gli echi che l’autore fa a Jane Austen e alla letteratura britannica di quel periodo.
Considero questo romanzo un esperimento interessante per svariate ragioni. Si utilizza un lessico e una sintassi che si rifa a un gusto antico, sublime ma a cui ormai siamo disabituati. Ma soprattutto perché porta avanti una storia “poco convenzionale”. Nell’opera c’è attenzione per le piccole cose, per le descrizioni degli stati d’animo e un’evidente dedica all’amore per la scrittura come forma d’arte che legittima e nobilita la vita degli scrittori. Insomma, tutto fuorché la tradizionale storia d’amore con lieto fine che ci si aspetterebbe.
È un romanzo particolare, ma che si legge con estrema facilità. È scorrevole e mai noioso. Per questo, l’ho trovato senza dubbio un esperimento riuscito.
LO STILE DI MATTEO ZANINI
Come detto, lo stile del romanzo richiama il gusto della letteratura britannica dell’Ottocento. Vi è un lessico ricercato, ma mai troppo complesso. Una sintassi sicuramente atipica – almeno per gli standard contemporanei – ma assolutamente analoga a quella che si potrebbe trovare in un classico della Austen.
Forse un solo aspetto mi ha convinto meno del romanzo: l’utilizzo dei dialoghi. Specialmente nella seconda metà del libro mi è sembrato che si sia ricorso in modo eccessivo alle scene di raccontato, anche quando l’inserimento di un paio di dialoghi in più avrebbe potuto rendere ancora più scorrevole e piacevole la lettura.
In definitiva, si tratta di una di quelle letture che non posso non consigliare agli amanti – come me – dei romanzi classici della letteratura inglese del diciannovesimo secolo. Una lettura che definirei al tempo stesso scorrevole e accogliente.