Madeline Miller mi aveva conquistato con “La canzone di Achille” e “Circe” e questo mi ha portato all’acquisto e alla lettura anche di “Galatea”, racconto ispirato dal mito di Pigmalione.
Se con le precedenti opere mi ero innamorato della Miller, non posso non dire di essere rimasto deluso da questo libro. Ritengo, infatti, che, a dispetto di un’edizione curata e illustrata nei minimi dettagli, ciò che manca è proprio il contenuto. O, meglio, ci si ferma al trasmettere delle sensazioni.
La storia di Galatea è una storia composta di molti fotogrammi, a volte intensi, a volte meno, che scolpisce una tematica complessa e delicata come la violenza coniugale. In generale, si parla di una donna-oggetto agli occhi dell’uomo, incapace di amarla concretamente, ma solo a parole e solo per assecondare il proprio narcisismo e i propri bisogni.
A dispetto della tematica e delle illustrazioni suggestive e originali, la storia è fin troppo breve e non riesce mai a entrare sotto la pelle. Non è stata una brutta lettura, ma di certo ho dei dubbi sul prezzo necessario per l’acquisto di questo racconto della Miller. Considerando che Circe e La canzone di Achille – due romanzi sicuramente di spessore – vengono venduti anche in versioni economiche, non posso che valutare il prezzo di acquisto come un punto a sfavore di questo libro.
Inoltre, mi è parso anche di trovare uno stile più semplice e meno curato in questo racconto. Rimane, altresì, una vaghezza evidente relativamente al mito di Pigmalione, vaghezza che non si riscontrava affatto nelle altre opere della Miller. Qui si dà quasi per scontato che il lettore conosca il mito e possa immergersi nella storia della povera Galatea, chiamata a cercare di uscire dalla gabbia che è diventata la sua esistenza al fianco del marito che le ha dato la vita stessa.
Sono d’accordo purtroppo: si vede che la penna è sempre quella, ma il contenuto è veramente misero in confronto a La Canzone di Achille (sicuramente anche a Circe, ma ancora non l’ho letto). Bellissime illustrazioni, bellissima prosa, però si legge in mezz’oretta e alla fine ti lascia veramente poco; forse sarebbe stato meglio comprenderlo in una raccolta di storie brevi, oppure cercare di rimpolpare di più la storia, cosa che sicuramente sarebbe stata capace di fare. Peccato.
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