Recensione di “La nostra identità” di TJ Klune (The Seafare Chronicles n.2)

“Qualche volta mi domando se le case abbiano dei ricordi, se i rumori della vita attorno e dentro di loro imbevano il legno e il cemento, i mattoni e le piastrelle.”

Anche stavolta, grazie al gruppo di lettura organizzato da @tivvys_books_world, mi sono cimentato nella lettura di un romanzo di TJ Klune. E, più precisamente, del secondo volume di “The seafare chronicles”, serie che è stata pubblicata in Italia da @triskelledizioni.

Cosa ho pensato di questo secondo volume, che prende il nome di “La nostra identità”?

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Premetto che Klune, con questo romanzo, ha fatto qualcosa di davvero difficile: scrivere un sequel di un romanzo d’amore in cui non ci sono grossi stravolgimenti relativi alla coppia protagonista della storia. Insomma, qualcosa di molto, molto complicato. Infatti, sappiamo bene come ogni romanzo d’amore che si rispetti debba avere la sua buona dose di intoppi e complicazioni prima di giungere al tanto atteso “e vissero felici e contenti”, così da tenere un po’ sulle spine il lettore.

In “La nostra identità” gli intoppi, ovviamente, ci sono, ma i protagonisti, a mio avviso, non danno mai l’idea di avere sul serio grossi problemi da affrontare e questo ha portato la storia su un binario che io ho ritenuto un po’ troppo “sdolcinato”, se mi si passa l’espressione. Insomma, questo libro è una vera iniezione di romanticismo sfrenato.

Ciononostante, non posso dire di non avere apprezzato il libro. Anzi, ci sono molti fattori positivi in questo volume.

Il modo di scrivere di Klune è sempre convincente. Un periodare fluido. A volte troppo ricco di dettagli, ma comunque piacevole e scorrevole.

Alcuni personaggi, inoltre, mi sono entrati nel cuore e li trovo davvero ben caratterizzati. In particolar modo stravedo per Tyson e per la signora Paquinn.

Alcune tematiche secondarie e parallele come i rapporti familiari e l’affidamento sono davvero interessanti e ben sviluppate e arricchiscono la trama.

Una piccola perplessità mi resta sulla descrizione della comunità gay. Mi è sembrato che tutti i personaggi gay del romanzo fossero superpalestrati e fighi da fare spavento. Non so, forse sono troppo pedante io, ma ho trovato la scelta non troppo azzeccata. Mi piacerebbe che nei romanzi d’amore si iniziassero a proporre anche personaggi normali o con qualche difetto fisico. Si trasmetterebbe un messaggio più inclusivo, a mio avviso.

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