“Non tutte le solitudini sono uguali. In alcuni casi, infatti, la solitudine va ad aggravare i rischi, gli effetti negativi di una condizione (più o meno permanente) già dominata dal dolore e dal disagio. (…) Il pericolo è un circolo vizioso, sempre più pervasivo, che contribuisce alla creazione di ghetti popolati da solitudini”.
Io sono la solitudine di Diego De Leo e Marco Trabucchi è uno dei testi che mi hanno maggiormente colpito negli ultimi mesi.
È un libro che, infatti, abbatte tutta la facile retorica sulla solitudine, sulla sua sopportabilità. Sempre più spesso sentiamo dire che si sta meglio da soli, che non si deve dare conto a nessuno e che si è senza limiti da soli. Questo può andare bene fino a una certa età, e, a mio modo di vedere, solo e soltanto quando lo stare da soli non sia una vera e propria situazione di isolamento.
Trabucchi e De Leo sottolineano l’importanza di avere una rete di supporto e assistenza e rilevano quanto sia importante dare maggiore spazio e interesse ai soli della nostra società, che sono diventati ancora più soli con l’avvento del Covid. Si parla soprattutto di anziani, ma le situazioni di disagio si sono moltiplicate nella nostra società, che è stata ritagliata su misura per creare e amplificare le solitudini. Lavoriamo tanto (e questo riduce il tempo da dedicare agli altri), guadagniamo spesso poco (e questo riduce le possibilità di aiutare gli altri) e viviamo in case piccole (il che ci impedisce di accogliere nelle nostre dimore i “soli” della nostra comunità, come potrebbe essere un nonno vedovo o una nonna vedova).
Ma il libro evidenzia anche come una persona sola abbia meno voglia di vivere, in definitiva. La mortalità e l’assoggettabilità alle malattie, col passare degli anni, aumenta esponenzialmente quando ci si sente soli. E, purtroppo, che piaccia o meno, il fattore ritenuto rilevante è la presenza o meno di un partner, perché in definitiva, dati alla mano, la realtà ci ha insegnato che difficilmente qualcuno che non sia il nostro partner si prenderà cura di noi in un momento di difficoltà.
È un libro duro perché elabora i dati e parla di tematiche scomode come la solitudine (e anche della tendenza al suicidio di chi si sente solo). Ma è un libro che penso possa offrire uno strumento per comprendere come rapportarsi alle persone sole e combattere in generale la solitudine di chi conosciamo.