Ma che razza di titolo? Lo so, il titolo è volutamente tautologico; infatti non è un caso che abbia usato l’espressione “chi scrive”. Si definisce scrittore chi scrive per mestiere, ma non tutti con questo mestiere ci portano il pane a casa. Scrivere, però, prima che un mestiere è una passione. Una passione che ci porta a perdere ore dietro a una tastiera, dietro alla voglia di comunicare, di dire la nostra, di aprire una finestra che, in qualche modo, nel suo piccolo, congiunga la nostra anima al mondo che sta all’esterno di essa.
Sempre più spesso vedo la gente cimentarsi nella scrittura. Con la diffusione della tecnologia, siamo diventati un po’ tutti scrittori, anche se in tanti si affrettano a dire “lo faccio come passatempo, non intendo farlo diventare un mestiere”. E in effetti lo si dice proprio perché scrivere e – soprattutto – farsi pubblicare è molto difficile. Non comprendo, tuttavia, l’eccessivo pudore con cui molti si affacciano al mondo della scrittura e al contempo smentiscono le loro aspirazioni. Sono dell’opinione che fintanto che tutti questi mezzi restino aperti a tutti sia cosa “buona e giusta” che chiunque senta il desiderio di farlo, possa scrivere. Ciò che spaventa, semmai, è l’apatia, il silenzio. Non tutti possiamo essere scrittori, ma non possiamo, d’altro canto, spaventarci del fatto che tutti si buttino nella scrittura (anche se a volte ci dà fastidio il fatto che Tizio o Caia pubblichino e che lo facciano solo perché si son fatti un nome in settori che nulla attestano sulle loro capacità artistiche e letterarie).
Scrivere è un modo per diffondere cultura, a patto che si scriva con passione e che dalle parole emerga qualcosa. Un messaggio, un’opinione, un’idea, un’emozione. Scrivere forse sta diventando una moda, ma è sicuramente una moda positiva, che non può essere scoraggiata o denigrata.
I problemi stanno altrove. Stanno nelle persone che non sanno scrivere e che possibilmente non sanno scrivere perché non hanno nulla da dire. Stanno nel fatto che chi vuole scrivere spesso si vede la strada sbarrata. Stanno nel fatto che per scrivere e realizzarsi come scrittore c’è bisogno di risorse che vanno al di là di una grande energia e di una inesauribile passione. Stanno nel fatto che il cammino che conduce alla realizzazione come “professionista delle lettere” è lungo e tortuoso.
E il dramma si cela dietro coloro che non sanno come trasformare la loro vita e fare della scrittura qualcosa di più di un semplice passatempo. Viviamo in un mondo in cui far sentire la propria voce diventa ogni giorno più difficile. Sono troppe, infatti, le voci che si accavallano e la concorrenza è evidentemente spietata.
Eppure, malgrado le delusioni e le porte chiuse in faccia, chi ambisce a scrivere continua a farlo. E io, in prima persona, ho voluto scrivere questo post per chiarire (a me stesso?) come mi sento, in questo momento della mia vita, in relazione a quella che è la mia più ardente passione: la scrittura.
Non posso che definire un sogno quello di far diventare la scrittura il mio mestiere. Ma non posso che continuare a coltivare questo sogno, per quanto possa fare male. Per quanto possa arrivare a soffrire per esso, in una vita che mi ruba troppo tempo per affinare la tecnica e per dedicarmi a studi che possano permettermi di fare un passo avanti su questa perigliosa strada. Eppure come tutti coloro che scrivono, gli “scriventi”, che, però, non sono scriventi per hobby, non posso interrompere il flusso delle parole, decidere di lasciar perdere. Spegnere il pc, disinstallare i programmi di scrittura, e pensare ad altro. Semplicemente non posso. Anche quando penso ai miei scritti che marciscono in un cassetto, anche quando penso ai più sgangherati concorsi di narrativa andati male, anche quando penso agli articoli pubblicati online che hanno avuto un feedback praticamente inesistente. Nonostante tutto questo faccia male, non posso smettere di scrivere. E di farlo, senza dar fastidio a nessuno. Perché non amo elemosinare attenzione, non amo dire alle persone più vicine che vorrei che ogni tanto mi chiedessero perché faccio o non faccio una determinata cosa, e a che punto io mi trovi nella strada verso il mio sogno.
Io so che, comunque, dovunque mi porterà questa vita continuerò a scrivere. Anche se restassi impantanato in una vita grigia, con un’occupazione insoddisfacente, so che continuerò a pensare alla scrittura come un sogno e lo farò sempre con un pizzico di malcelata ambizione di diventare qualcuno, perché per me la scrittura sarà sempre qualcosa di più di un semplice passatempo.
E se non fossero sufficientemente chiare le mie parole, faccio menzione di una citazione che mi ha particolarmente colpito:
Ogni sguardo dello scrittore diventa visione, e viceversa: ogni visione diventa uno sguardo. In sostanza è la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria
Gesualdo Bufalino
E ci sono tante persone che scrivono, come me, che, sono sicuro, capiranno quello che ho espresso in queste righe. In tutti noi il nostro sogno diventa la nostra vita, e spesso il peso di questo sogno rende insostenibile la vita. E ciò detto, non posso far altro che salutarvi ancora una volta e anticiparvi che spero, nel più breve tempo possibile, di aggiungere al blog nuovi modi di comunicazione e nuovi aspetti più prettamente letterari, che permettano a questo spazio virtuale dedicato alla cultura – che non mi stancherò mai di ribadire è anche quella disimpegnata e frivola di cui spesso tratto – di espandersi e di dare ancora più spazio a quello che è il mio inestinguibile desiderio di scrivere e di lasciare aperta quella finestra sul mondo a cui la mia anima non può rinunciare.