Recensione di “Amabili Resti” di Alice Sebold

Ancora una volta mi cimento nella lettura di un romanzo di cui avevo prima visto la trasposizione cinematografica. A seguito della lettura dell’opera della Sebold, posso dire certamente che Peter Jackson è riuscito in un’impresa sicuramente non da poco, riuscendo a dare linearità a un romanzo complesso e sfaccettato, che si perde nelle pieghe della vita e delle riflessioni sulla vita e sulla morte. Il romanzo della Sebold, infatti, si potrebbe riassumere in una parola: complesso. Ma la complessità non è quella che rende difficoltosa la comprensione, la complessità è quella del mondo e della storia che l’autrice vuole raccontare.

Una particolarità del romanzo mi ha colpito fin da subito, ovvero la volontà della Sebold di non raccontare semplicemente una storia, di scrivere un romanzo, con una sua trama e poi mettere un punto. Il suo desiderio andava oltre. Non le bastava scrivere dell’esperienza post-mortem, in un mondo celestiale di fantasia, di una ragazzina stuprata e assassinata da un serial killer con pulsioni irrefrenabili. Non le bastava nemmeno scrivere una storia che scavasse nella psiche di un assassino, rendendo, forse, così il suo libro un “normalissimo” thriller o una crime story.

Il libro della Sebold, invece, è impossibile da catalogare e da definire. L’interesse della scrittrice era quello di scrivere più storie nello stesso libro. La storia di una ragazza, della sua esperienza ultraterrena, della famiglia prima e dopo la sua morte, la storia di un assassino, la storia di un poliziotto, la storia di altre famiglie e di altri ragazzi. Un romanzo che fa della frammentazione la sua cifra caratteristica più evidentemente riconoscibile. Non è infrequente, infatti, che nello stesso capitolo vi siano repentini cambi di prospettiva, con la protagonista che osserva le vicende di persone diverse, come se facesse un rapido zapping alla televisione.

amabi

Amabili Resti è certamente un libro interessante e stimolante, che si pone l’obiettivo di creare una poetica tutta sua, e di esprimere forse una vera e propria filosofia. Una filosofia romanzesca, frutto della grande fantasia e della profondità intellettuale della scrittrice, che crea un mondo di sentenze, di poesie, di pensieri e di riflessioni. Un mondo immaginato e immaginario in cui la dolcezza e la forza dei sentimenti la fa da padrone, un mondo che è controllato dai sentimenti, che ne sono il motore immobile e immanente.

È un’opera complessa, che denota una grande maturità della Sebold, la quale, oltretutto, cerca sempre di alternare a uno stile piano e scorrevole alcune frasi molto particolari. Uno stile che, all’improvviso, si eleva e perde di chiarezza nell’intento di stimolare il lettore a comprendere da sé, a comprendere ciò a cui si riferisce o che lascia a intendere la stessa autrice.

L’insieme delle vicende, a volte, però, risulta essere un limite per la fruizione del romanzo, che, soprattutto nelle ultime pagine, continua ad accompagnare il lettore, tra un sussulto e l’altro, senza concludere in grande stile. È come se la Sebold, per assecondare il suo attaccamento ai personaggi, abbia voluto prolungare la storia ben oltre il punto in cui qualsiasi altro “regista” avrebbe interrotto le riprese, e narrarci delle vicende della famiglia della ragazzina assassinata in modo dettagliato, anche quando ormai il pathos e la tensione per i punti salienti della storia si erano inevitabilmente attenuati.

Tuttavia la lettura è stata sicuramente molto stimolante – come ho già detto – e ha avuto il pregio di narrare una storia in modo assolutamente originale, emozionando il lettore con la delicata irruenza dei sentimenti provati dai personaggi.

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