Con il pezzo di oggi voglio inaugurare una nuova rubrica, chiaramente ispirata dalla serie di video virali su Youtube denominata “Honest Trailers”. Il mio intento sarà quello di regalarvi qualche minuto di lettura divertente e spensierata, ma soprattutto onesta, parlando di qualche film che trovo possa dare spunti di riflessione e – perché no? – occasioni per sorridere un po’, in modo scanzonato.
Ho deciso di aprire la rubrica con un film che ha creato attorno a sé molto interesse, forse perché il pubblico si aspettava un fiasco totale e, d’altronde, i film di DUBBIA qualità dedicati agli squali assassini sono praticamente infiniti. Nessuno sembra essere mai davvero riuscito a riprodurre la formula vincente del primissimo film di Spielberg.
E anche Paradise Beach è un film che non riesce a raggiungere le pretese di un pubblico smaliziato, che vorrebbe vedere un film angosciante senza doversi angosciare per le discutibili scelte di regie e di sceneggiatura, e adesso capiamo perché…
Cast:
Il cast è molto importante in questo film, che vede come protagonisti i glutei di Blake Lively (che surfa con una muta che copre solamente la parte superiore del corpo) e un gabbiano (che è probabilmente il personaggio con cui si crea più empatia).
Trama:
Un’annoiata studentessa di medicina decide di farsi accompagnare in una spiaggia deserta in Messico, di cui non sa nemmeno il nome, per ricordare la defunta madre, che si era fatta fotografare nella medesima spiaggia di cui non sa il nome, ma che riesce a raggiungere mostrando le foto della madre (e già questo dovrebbe far storcere il naso).
Nancy, la nostra studentessa, fa conoscenza di due surfisti, che abbandonano prima di lei le acque della spiaggia, e poi si imbatte in un mostruoso squalo gigante (che vedremo nitidamente nel film pochissime volte probabilmente per ragioni di budget), che ha appena ucciso una balena.
Se tralasciamo il fatto che Nancy e gli amici non si siano accorti del mare di sangue che si diffonde nelle acque, possiamo allora goderci un paio di scene elettrizzanti, in cui Nancy viene aggredita e ferita gravemente, prima di riuscire a mettersi in salvo sul corpo della balena prima, e su un agglomerato di rocce poi.
Da qui nasce la leggenda, con Nancy che si trasforma in Meredith Grey e si auto-medica nei modi più impensabili.
La sua sarà una lotta per la sopravvivenza che vedrà una serie di scene truculente e soprattutto un infinito numero di volte in cui lei finirà per sbattere il piede o le braccia contro i coralli.
Ma ciò che davvero merita, in questo film di appena 87 minuti, è il finale, che dimostra non solo l’incredibile freddezza della protagonista, che riesce a calcolare, non solo la velocità dello squalo e del colpo di frusta di una catena, ma anche quello che sarebbe stato il comportamento e i decimi di secondi sufficienti ad impedirle di finire tra le fauci del predatore.
Dialoghi:
La profondità dei dialoghi va da un discorso iniziale tra lei e il messicano che le ha dato un passaggio intorno al profilo di una roccia, che può essere riportato più o meno in un: NO, SI, NO, SI, NO, SI PARA MI.
Ma non solo. A questo aggiungiamo anche l’originalità dei discorsi sulla madre e le battute che scambia con il padre, che – e come dargli torto – vorrebbe che la figlia studiasse.
GIUDIZIO COMPLESSIVO:
Se avete bisogno di un po’ di svago la pellicola si presta ad offrire un buon intrattenimento, ma non fatevi domande. Godetevi quello che vi è dato, a dispetto dell’assurdità di molte situazioni. Non un fiasco completo, ma nemmeno una pellicola memorabile. Intrattenimento pseudo-trash, lo definirei.
Voto: 2/5
Ho visto tanti, troppi film del genere e quindi non ero per niente interessata a vederlo quando è uscito. Che dire? Tu mi hai dato un ulteriore conferma!
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