Eccoci arrivati, al nuovo capitolo del mio “recuperone” della famosissima serie AMC, che tanto ha influenzato l’immaginario dei nerd seriali del globo.
Avevo parlato in maniera abbastanza critica della prima stagione, e devo dire che, pur essendo migliore la seconda, continuo a non trovare la serie ideata da Darabont un capolavoro, meritevole di conquistare una così ampia fetta di pubblico.
Tuttavia, devo dare l’onore delle armi alla serie perché ha creato un contesto e, soprattutto, dei personaggi che, nel bene o nel male, interessano al pubblico e portano lo spettatore medio a seguire con sufficiente interesse lo sviluppo delle storie.
Di questa seconda stagione mi sento di dire che Shane e Lori sono due dei personaggi più odiosi che il pubblico televisivo abbia mai conosciuto. L’amico/rivale di Rick si trasforma in un killer a sangue freddo, in un maschio alfa più vicino agli animali che agli esseri umani. Lori, d’altra parte, butta al monte ogni sorta di rivendicazione femminista, dicendo sostanzialmente che le donne sono buone a lavar le cose e a cucinare. Lei, però, non è buona nemmeno a badare al figlio, che se ne va a zonzo tra gli zombie a combinare guai, manifestandosi sempre più freddo e attratto dalle oscurità di questo mondo post-apocalittico.
Apprezzo di The Walking Dead il fatto che si indaghi, in qualche modo, la natura umana per il tramite di una sorta di “esperimento sociale”. La serie crea un mondo distopico, devastato dalle piaghe di un virus che trasforma uomini in zombie, in cui si guardano agire i pochi sopravvissuti, in un contesto senza leggi e pieno di pericoli. In qualche modo, coi dovuti distinguo, una situazione simile a quella descritta da Saramago in cecità (e credo di meritarmi un ban dalla vita per aver paragonato una serie tv sugli zombie a un libro di un scrittore premio nobel).
A parte gli scherzi, ho trovato divertente e leggera questa seconda stagione e mi spingerò in avanti con la mia maratona!