Spendiamo due parole sul debutto de “Il Nome della Rosa”, la nuova produzione Rai dal respiro internazionale

Direi che possiamo iniziare a dirlo. La RAI sta iniziando a spendere i soldi del canone con un minimo di attenzione agli interessi e ai gusti del pubblico.

Sempre più spesso si parla di come, negli ultimi anni, le serie televisive siano diventate davvero degli eventi imperdibili, produzioni talmente significative da incidere anche sulla cultura e sulle tendenze. La RAI sembrerebbe aver drizzato le antenne e ha deciso di provare a creare dei prodotti che siano molto di più delle nostre vecchie fiction (a volte anche simpatiche, ma certo non paragonabili agli show statunitensi e britannici).

“Il Nome della Rosa” è l’ultimo progetto di Rai Fiction, in collaborazione con Tele Munchen, 11 Marzo Film e Palomar. Un progetto certamente ambizioso, con un obiettivo difficilissimo da realizzare, ovverosia trasporre televisivamente un libro complesso come il capolavoro di Umberto Eco, e un cast stellare per cercare di compiere l’impresa.

La complessità di rendere l’opera di Eco in una serie televisiva è stata sottolineata a più riprese dal regista, Giacomo Battiato, ma è chiaro, a mio modo di vedere, che, a giudicare dal primo appuntamento, la serie non sia affatto venuta su male.

Il libro di Eco è stato uno dei romanzi che più mi hanno colpito e “terrorizzato” durante la mia adolescenza. Tuttavia il ricordo di esso è ormai perduto nella memoria, pertanto apprezzo in modo particolare questa iniziativa di Rai Fiction, che sembrerebbe aver deciso di fare sul serio e di puntare forte su questo show, che vede, tra gli altri, attori del calibro di John Turturro e Rupert Everett.

Ciò che sembrerebbe aver colpito di più gli italiani, tuttavia, non è il cast e nemmeno l’ambientazione, quanto piuttosto i messaggi che la serie manda e la sapiente sceneggiatura, che rende onore alla maestria di Eco.

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Lo show si apre con queste parole: “Esiste solo un modo per combattere l’odio: usare la conoscenza per migliorare la razza umana”. Guglielmo da Baskerville è e doveva essere un personaggio emblematico, che cerca di portare luce negli oscuri meandri di una società in cui l’ignoranza finisce per coincidere con l’oscurità, la crudeltà e le atrocità.

In qualche modo, in qualsiasi epoca (mi permetterei di dire, specialmente in questa epoca, e, specialmente in Italia) è bene sentire certe parole e vedere certi personaggi. Non c’è bisogno di un messaggio politico per diffondere la cultura. E da “Il Nome della Rosa” non mi aspettavo niente di meno.

Parlando degli aspetti più attinenti alla realizzazione dello show, mi sento di dire di essere soddisfatto da quasi tutti gli elementi della serie. Forse, mi sento giusto di criticare l’eccessivo patetismo con cui si sono girate alcune scene (un patetismo che ho trovato, a volte, poco credibile), e, mi duole ripetermi quando critico le produzioni Rai, ma anche il doppiaggio non mi ha fatto volare purtroppo.

Non mi sento, invece, di accodarmi a chi ha criticato l’ambientazione molto meno lugubre e inquietante di quella descritta nel libro. Penso che chi trasponga un libro, deve pur sempre metterci del suo. E, se la resa, in questo caso, è un po’ meno “goticheggiante” di quanto alcuni avrebbero voluto, non per questo si deve gridare allo scandalo e affermare che sia un chiaro errore della regia.

Ad ogni modo, tirando le somme del debutto televisivo di questa serie-evento, va fatto un applauso alla Rai che sta cercando – e a volte ci riesce anche, come in questo caso – di rendere la cultura interessante, divertente e accessibile a tutto il pubblico!

5 pensieri riguardo “Spendiamo due parole sul debutto de “Il Nome della Rosa”, la nuova produzione Rai dal respiro internazionale

  1. Negli ultimi anni la Rai sta sfornando delle serie decisamente di livello. Credo che abbia influenzato molto il fatto che queste serie abbiano delle partnership straniere. Ma anche quelle più gialle/poliziesche sono migliorate di molto.
    Hanno capito che il pubblico sta cambiando e che con tutta la con concorrenza che c’è ci si mette un secondo a cambiare canale. Anche se di gente che non va oltre al tasto 6 ce ne è rimasta ancora molta.
    Mchan

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      1. Non saprei. Sinceramente non ho fatto caso al nome della società di doppiaggio, la prossima puntata controllo. A me danno fastidio i sottotitoli minuscoli. Come i messaggi sul cellulare che appaiono solo un paio di secondi e non vengono nemmeno letti.
        Mchan

        Piace a 1 persona

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