Armata di un ricordo – Racconto LGBT

FREEBIE INTERO SCARICABILE QUI

Non sapevo cosa pensare quel giorno. Eravamo tornati a casa di gran corsa. Mamma piangeva a dirotto, come se quello che era appena accaduto mi avesse coinvolta.

Guardandola, mi sentivo in colpa perché ero incapace di provare gli stessi sentimenti che provava lei. All’improvviso ero diventata insensibile. O forse era eccessivo definirmi così. No, non ero proprio insensibile. In fondo, provavo comunque un senso di colpa per quello che non riuscivo a sentire dentro di me. Ero diventata fredda, ecco sì. Fredda come non ero mai stata in vita mia.

«Niente telegiornali o internet per un po’» aveva detto, tra un singhiozzo e l’altro. Papà la guardava preoccupato. Era pallido come un cencio e non riusciva nemmeno lui a trovare le parole giuste per calmarla.

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Entrambi mi avevano stretto forte, quando mi erano venuti a riprendere a scuola. Erano rimasti fermi per quasi cinque minuti, stringendomi e accarezzandomi. Si inebriavano della mia presenza, come se fossi una qualche specie di miracolo. Non ero più la solita Sally. No, quel giorno ero la loro benedizione, la loro cascata d’acqua limpida sul fuoco dell’ansia e della preoccupazione. Non ero una ragazzina. Ci avevo messo poco a capire cosa vedevano in me, adesso. La loro Sally era diventata una sopravvissuta. La ragazza che era sopravvissuta a una sparatoria a scuola.

Quante volte era capitato negli Stati Uniti? Forse una decina. Se mi sforzavo, riuscivo persino a ricordare il nome di qualcuna delle scuole in cui si era verificata una delle stragi. Però, nemmeno una singola volta avevo pensato che sarebbe potuto succedere nella mia scuola.

Mettiamo sempre un filtro fra noi e le tragedie. Siamo costretti a illuderci di essere immuni alle catastrofi per andare avanti.  

Avrei tanto voluto dire ai miei genitori che, in effetti, non c’era stata nessuna strage. C’era un solo morto. Un cadavere, due proiettili e un baby assassino. Niente che potesse accomunare quello che era successo nella mia classe ai fatti di cronaca che adesso baluginavano nelle nostre menti.

Mi rendevo conto, tuttavia, che quella storia avrebbe riempito i notiziari e i giornali locali per un bel po’ di giorni. Era davvero orribile ciò a cui avevo assistito, ma anche quella consapevolezza non era sufficiente. Non riuscivo a sentire niente. Non riuscivo a soffrire, non riuscivo a piangere. Non riuscivo semplicemente perché mi sentivo la persona più fortunata sul pianeta. Perché non era successo a me. Non avevano sparato a me. Io mi ero salvata.  

«Forse Sally avrà bisogno di supporto psicologico» aveva detto la mamma, cercando di placare le lacrime, poco prima di pranzare.

Papà non era convinto. Per lui era solo una questione di tempo. Avrei saputo metabolizzare quel dramma, capire come rapportarmi a quello che era successo e come trarne un insegnamento. Oh, se solo avesse saputo di avere una figlia così cinica che riusciva soltanto a pensare di averla scampata. Sì, ero felice che non fosse toccato a me.

Dopotutto, un po’ di terapia non mi avrebbe fatto male. Magari glielo avrei anche detto a papà, appena fossi stata in grado di parlare, di tramutare in parole quel vento gelido che adesso soffiava all’interno della mia mente.

Arrivai in sala da pranzo, dopo aver passato cinque minuti buoni in bagno a lavarmi le mani e la faccia. Speravo che l’acqua fredda mi aiutasse a tornare in me, mi permettesse di far ripartire il cuore.

BANG! Ricordavo solo il suono dello sparo e poi più niente. Poi ero di nuovo a casa, al sicuro, coi miei genitori.

(Continua…)

Questo è un estratto tratto dal racconto che ho inserito nel “Freebie letterario” curato da Feliscia Silva de “Il lettore curioso blog“.

Per continuare a leggere vi basterà scaricare gratuitamente il freebie!

Da questo link potrete scaricare la rivista e leggerne articoli, interviste e racconti inediti: https://drive.google.com/file/d/18qiVMDDLjZzX5o3t_3WFR62g77ucDTd3/view?fbclid=IwAR0D8BT435zhGSyAktKRWebdQN_ra4FHbJdrtJ-3DnBQ0IlUKGGjprKc6J8

Il tema del freebie di questo mese era il “pride month”, anche se non siamo riusciti a pubblicarlo entro giugno. 

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