Cenerentola degli Amazon Studios è il risultato degli estremismi del Politically Correct hollywoodiano

In passato ero già entrato sul punto e avevo sottolineato i rischi di estremizzare il movimento Me Too fino a trasformarlo in una radicalizzazione del politicamente corretto nell’ambito televisivo e cinematografico.

Sfortunatamente, però, la tendenza ad andare controcorrente, a rompere con il passato, non tanto per raccontare nuove storie con nuovi modelli, ma per il gusto di farlo ha mietuto un’altra povera vittima. E in questo caso stiamo parlando della favola di Cenerentola, che io definirei tremendamente riadattata ai tempi moderni dagli Amazon Studios.

Perché Cenerentola è un brutto film?

Cerchiamo di spiegarci meglio. Io non voglio dire che le storie non possano essere riadattate o modernizzate. Io voglio soltanto affermare che uno dei compiti di un bravo scrittore (nel caso del cinema, ci riferiamo agli sceneggiatori e al regista) è quello di inserire i vari elementi nella trama in maniera organica.

Nel caso di Cenerentola, si è voluto inserire svariati elementi che strizzavano l’occhio agli studi di genere e si proponevano di assecondare l’esigenza di proporre una nuova figura femminile nel cinema. C’è qualcosa di male in questo? Assolutamente no. Hanno portato avanti questo obiettivo in maniera organica? Assolutamente no.

La regista Kay Cannon e la crew che ha lavorato al film ha infarcito la pellicola di buonismi, radendo al suolo i vecchi archetipi della principessa che realizza i propri sogni grazie al matrimonio con il prince charming di turno. E lo ha fatto senza nessuna cura di produrre un film coerente, organico e con una forte logica interna.

A mio avviso, risulta quasi trascurabile la non sempre eccelsa performance nelle parti cantate. Quello che mi preme analizzare (e ora andremo punto per punto) è come Cenerentola e i prodotti a esso affini non funzionino perché perdono di vista quello che è l’obiettivo fondamentale del cinema: raccontare una grande storia. 

Gli errori di scrittura in “Cenerentola”

  • Il principe non vuole governare, ma non si sa bene perché. Era chiaro che l’inserimento del personaggio della sorella del principe fosse utile a raccontare una storia in cui, alla fine, a sedere sul trono non fosse un uomo ma una donna. Ma perché ciò accadesse, a mio avviso, bisognava creare un personaggio del principe con uno scopo ben preciso, che giustificasse la “grande rinuncia” al regno. Quello che abbiamo avuto, invece, è un ragazzo che si sottrae al compito di governare senza una ragione degna di questo nome, dopo che per tutto il film sembrava quasi aver accettato di diventare re a patto di avere la donna giusta al suo fianco. Quindi, sul trono siede una donna, ma la trama non regge. E questo è un chiaro esempio di forzatura.
  • Il sogno di Cenerentola è creare abiti, ma non si capisce onestamente perché debba rinunciare all’amore per farlo. Cioè, davvero se avesse scelto il principe, non avrebbe potuto portare avanti la sua aspirazione o portarla avanti meglio di quanto avrebbe fatto in altro modo?
  • Cenerentola non vuole essere considerata né la fidanzata né la promessa sposa del principe. Anzi, con aria quasi “schifata” dice di non volere un’etichetta. E allora mi chiedo, ma perché alla fine hanno scelto di provarci? Perché parla di amore, se ha paura degli impegni? Hollywood qui non sta normalizzando che è normale rifuggire dalle etichette, ma sta quasi sottintendendo che è assolutamente normale avere paura degli impegni in una relazione. Non proprio un finale fiabesco.

Cosa salvo del film?

C’è qualcosa che si salva in questo film, che, senza giri di parole, mi è sembrato più un pretesto per fare divulgazione sugli studi di genere che un’opera artistica?

In realtà, mi limiterei quasi a salvare la sola Idina Menzel, che, con la sua voce, ha davvero dato senso all’aspetto “musicale” della pellicola.

Un altro aspetto che ho trovato particolarmente accattivante è la scena del ballo, in cui tutte le pretendenti hanno ballato e cantato. È stata una vetrina per mostrare come il concetto di bello non si debba limitare a uno stereotipo. Un messaggio positivo, volto a introdurre la diversità nell’ideal-tipo della bella principessa, che non deve essere per forza bionda e con la carnagione d’alabastro. L’unico messaggio innovativo e moderno che è stato calato nella storia in modo sensato e, oserei dire, persino efficace.

Non ho trovato, invece, né pessima né straordinaria la scelta di Billy Porter come fata madrina. La canzone non era eccezionale, la prova vocale di Porter sicuramente all’altezza, la scena non indimenticabile ma nemmeno drammatica. Nessun problema, dunque, nell’invertire il sesso della fata madrina. Ma è una scena che non ha dato né tolto niente al film.

4 pensieri riguardo “Cenerentola degli Amazon Studios è il risultato degli estremismi del Politically Correct hollywoodiano

  1. Tra l’altro ho trovato curiosa la scelta di voler far fare a Cenerentola la stilista. Vogliono tanto uscire dagli stereotipi poi le fanno fare la moda (che io sappia donne e vestiti costosi sono uno degli stereotipi più radicati). Non sarebbe stato più interessante se il principe avesse rinunciato al trono perché il suo sogno era fare lo stilista?
    Magari si poteva attribuire a Cenerentola la qualità di saperci fare con i numeri e di mettere su un’impresa con il principe di cui lei sarebbe diventata una specie di CEO. gli spunti per rimodernare si trovano ma ho l’impressione che ci si perda nell’uso di concetti preconfezionati senza il minimo di elaborazione per creare rumore intorno al prodotto e basta.

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  2. Non era neanche un film che ti da quel sano trash di intrattenimento. Era pure noioso. Ma non penso sia stata colpa del politically correct. Penso solo che chi lo ha scritto sia un incapace, e che il consumista abbia usato un po’ troppa carta pesta al posto della stoffa.

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