Ebbene sì, oggi ho deciso di scrivere un altro post dedicato al romanzo di Larry McNutry.
Come vi dicevo nella mia recensione, si potrebbero scrivere infinite pagine su Lonesome Dove. Oggi ho deciso di approfondire l’aspetto che più mi ha colpito.
Il destino. Una parola affascinante, che può essere declinata in vari modi:
⏺ Predestinazione
⏺ Provvidenza
⏺ Fato
⏺ Fatalità
La mia è chiaramente una interpretazione, ma penso di non sbagliarmi nel dire che uno dei protagonisti indiscussi di questo libro, che io ancora una volta vi consiglio di leggere, sia proprio il destino.
McNutry intesse storie che sono dominate da una forza più forte. Una forza che, a dispetto delle tragedie e delle sventure che si scagliano sui nostri eroi, è senza alcun dubbio entità ordinatrice.
Il destino è ordine in Lonesome Dove. Riesce a intrecciare le storie di tutti i personaggi. Ognuno di loro ha un percorso, ognuno di loro ha una personalità, delle aspirazioni e si mette in viaggio con un motivo. E la fine di ogni personaggio è straordinariamente coerente con il suo vissuto, con le ragioni che lo hanno spinto a mettersi in movimento.
Gli epiloghi delle singole vicende in Lonesome Dove possono essere interpretati in due modi.
PREDESTINAZIONE:
La storia di ogni personaggio è già scritta. È vero, il demiurgo, il creatore delle loro storie è l’autore. E in questo caso è l’autore a rendere coerente il vissuto e la personalità del personaggio con la fine del loro percorso.
A una domanda non vi è risposta però: McNutry credeva che questo ordine, questa coerenza fra il percorso e la fine esistesse e lo ha voluto rappresentare nel suo romanzo oppure sentiva il bisogno di inserire il destino come motore e ordine dell’universo nel suo mondo, benché non pensasse che esso esistesse nella realtà extraletteraria?
SIAMO FAUTORI DEL NOSTRO DESTINO:
Un altro modo di interpretare il destino in Lonesome Dove è senz’altro questo. Il finale della nostra storia rispecchia il nostro percorso perché, in fondo, sono state le nostre scelte a costruire l’epilogo. Il nostro modus vivendi, dunque, non è scritto nelle stelle, non c’è alcun ente extraterreno che ordina le storie, ma siamo noi a costruire il nostro destino.
Io ritengo che sia corretta la prima interpretazione. Il destino è davvero un personaggio del libro. Vira attraverso le pagine. Esempi ne sono l’aura tragica che aleggia attorno a Jake Spoon, l’irrefrenabile scontentezza di Elmira, la pazienza quasi ingenua che si legge nel personaggio di Deets, l’incapacità di ammettere gli errori di Call. Ciò che contraddistingue di più ogni singolo personaggio viene fuori (in maniera oltremodo amplificata) al momento dell’epilogo di ciascuna vicenda.
E, ve la butto lì, secondo me uno dei personaggi è proprio la personificazione del destino, in quanto vero motore della vicenda, in quanto ragione ultima perché tutto accade. E mi riferisco a Lorena, una vera e propria Elena di Troia in salsa western.