“Eppure non mi lascia andare. È la sua promessa silenziosa.”
Ed eccoci qui, ancora una volta a parlare di The Seafare Chronicles. Stavolta è il tempo di recensire L’arte di respirare, terzo volume della serie romance firmata TJ Klune.
Si tratta di L’arte di respirare, il primo volume in cui il protagonista indiscusso è Kid, il minore dei fratelli McKenna, adesso diventato (quasi) adulto.
La storia di questo volume è, in estrema sintesi, la storia di un amore liceale (probabilmente di un amore nato sin dall’infanzia nel caso di Kid) che, dopo una lunga attesa, trova finalmente il suo coronamento. È una storia che affronta molteplici tematiche tipiche delle storie d’amore LGBT. Si parla di coming out, di rapporto coi sentimenti per qualcuno che non può ricambiare i tuoi, di accettazione, di nuove esperienze e di insicurezze profonde.
Tyson (il vero nome di Kid) è un personaggio imperfetto. A un cervello ipersviluppato si contrappone una sensibilità travolgente che gli impedisce di vivere le difficoltà e le emozioni con lucidità. Tyson si lascia soverchiare dai sentimenti, sopraffatto da quello che prova e alla ricerca di un equilibrio difficile.
Per certi versi, l’amore non corrisposto per Kid è un trauma da cui scappa via, anche a costo di rinunciare alle sue radici. E il suo percorso di vita non lo porta mai distante da ciò che lo tormenta. È un personaggio in costruzione, ancora tanto lontano da diventare un adulto forte delle proprie consapevolezze. Se a ciò si aggiunge che si tratta, al 1000%, di un personaggio ipersensibile, capiamo quante difficoltà egli è costretto a sperimentare nel corso della sua vita.
“Non esiste una cura magica. Non ci sarà nessun miracolo improvviso che mi farà svegliare guarito da tutto quello che mi ha tormentato per anni. Non è così che funziona. Per quanto possa desiderarlo, non succederà. È la vita, purtroppo. Tuttavia, c’è il modo di andare avanti, il modo di sconfiggerlo e ricacciarlo indietro.”
Devo essere onesto, questo volume della saga di Klune ha molte vicende divertenti, tanti ingredienti e personaggi coloriti, ma… non mi ha mai conquistato. Io sono convinto che il primo libro della saga sarebbe rimasto un ottimo stand-alone. Il secondo libro ha avuto i suoi alti e i suoi bassi, questo mi ha dato l’impressione di volere troppo allungare e diluire gli eventi che realmente interessavano al lettore (ovvero la crescita di Tyson e il suo legame con Dom).
A essere sincero, avrei apprezzato moltissimo se, al posto di molti spezzoni ironici, ci fosse stato un focus su Dom e su quello che ha passato nei quattro anni lontano da Kid. Credo che, alla fine, questo sia un “feel-good-book” che eccede nel suo dare sensazioni positive al lettore, malgrado tutto parta dalle difficoltà individuali del protagonista e dai suoi problemi di salute psicologica.