Recensione di “La lingua perduta delle gru”: un romanzo LGBT degli anni ottanta che parla di “amore liquido”

“La cosa peggiore sarebbe stata ammettere l’uno con l’altro alla chiara luce del giorno di essere venuti ognuno per suo conto in quella sala scura (…), e pertanto riconoscersi a vicenda come esseri umani e non solo ombre che si aggirano in un cinema”.

David Leavitt ha scritto La lingua perduta delle gru con l’intento di fare comparire un romanzo nello scaffale “letture a tematica omosessuale” in un periodo in cui questi libri erano davvero pochi e non rispecchiavano la realtà fino in fondo. Voleva scrivere un libro autentico al quale i lettori avrebbero potuto aggrapparsi e affrontare temi problematici come la paura dell’AIDS, la solitudine, le difficoltà relazionali, l’ansia del coming out.

Malgrado questo romanzo sia stato pubblicato nel 1986, è un libro che non è invecchiato di un giorno. Le dinamiche relazionali descritte nella lingua perduta delle gru sono le stesse che esistono ancora oggi. La paura dell’impegno, la mania del controllo, la paura di rimanere soli come contraltare a tutte le istanze individualiste. Mi verrebbe quasi da dire che questo libro è un esempio letterario di cosa significa “amore liquido” (definizione coniata da Bauman).

“Gli parve che nello strano vuoto di quella singola notte perduta, il semplice istinto di prendersi cura di una persona che aveva ferito avesse generato in Eliot un nuovo sentimento, che non aveva niente a che fare con l’amore tormentato e discutibile che sosteneva di non riuscire a sopportare.”

david leavitt

Forse, di questi tempi, è più facile fare coming out ed essere accettati come persone queer all’interno di una cerchia amicale, ma per quanto riguarda i sentimenti credo che non si siano fatti molti passi avanti.

E, ve lo dico, fa male dire che questo libro non è invecchiato di un giorno, che ancora oggi siamo così imbottiti di paure, nevrosi e traumi mai elaborati, da vivere l’amore in modo strampalato, fugace e vacillante.

Tornando agli aspetti più prettamente letterari, mi sento di dire che si tratta di un romanzo bellissimo. La lingua perduta delle gru è una storia drammatica, intima, introspettiva, struggente, scritta divinamente ma in modo brutale. È un romanzo che non ci va piano col lettore e che gli stravolge le budella, facendolo immedesimare nelle paure e nei dolori ancestrali che vive l’essere umano e che vibrano nelle vicende dei protagonisti.

Un romanzo che consiglio davvero a tutti gli amanti della letteratura contemporanea.

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