#loradellamerenda
Cosa c’è di più intimo di una “merenda” assieme ai propri amici fidati, chiacchierando di tutto e di nulla e fagocitando dolci in allegria?! È proprio da questo concetto base che nasce questa collaborazione in cui io e @tomodachi_page, di tanto in tanto, vi parleremo di mini opere, manga oneshot, box e – perché no? – anche di libri.
Oggi vi parliamo di “Hiraeth”, box in 3 volumi edito in Italia da jpop.
Hiraeth è un termine gallese che non ha una traduzione ben definita e che vuole dare comunque un nome alla nostalgia di qualcosa di indefinito, ai sentimenti dei pensatori profondi. Perdere qualcuno non è mai facile e non esiste mai una maniera definitiva per reagire alla perdita o affrontare il dolore. È proprio per tale motivo che Mika, una giovane studentessa, ha deciso un giorno di porre fine alla sua vita per raggiungere la sua amica nell’aldilà.
I suoi piani però verranno prontamente sconvolti da due individui affascinanti quanto misteriosi: Hibino e una divinità senza nome (a cui, in seguito, daranno il nome Argy).
Il primo è un immortale “desideroso di morire”; dal carattere decisamente eccentrico che sembra non voler prendere tutto troppo seriamente mantenendo tutti a debita distanza.
Il secondo, Argy, è una divinità che non ha più alcun fedele ed è quindi verso la fine della sua vita.
I tre, quindi, intraprenderanno un viaggio verso il regno dei morti con lo scopo di porre fine alle loro vite: che abbiamo inizio questo “ultimo viaggio”.
Nel corso del loro percorso verso il regno dei morti incontreranno diversi individui e soprattutto matureranno, trasformando un viaggio verso la morte in un viaggio alla scoperta di loro stessi e di tutte le bellezze che, nonostante il dolore, la vita ha comunque da offrire.
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“Quel sentiero verso la morte è un percorso collegato alla memoria dei vivi”
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La parola hiraeth allude a una sensazione di vaghezza, eppure la nostalgia che impregna le pagine del manga di Yuhki Kamatani è concreta e collegata ad aspetti cardine della vita di ciascuna persona.
Innanzitutto, è una nostalgia collegata al lutto, una nostalgia-mancanza che esplora il dolore delle persone che restano. Kamatani si sofferma sulle emozioni di chi lega la propria vita a un affetto e si ritrova costretto a viverne senza. Rende chiaro quel senso di insensatezza che assume il mondo che esiste dopo il lutto. Il lutto non è solo rottura, squarcio, perdita, ma è fine di un mondo. Nasce un nuovo universo, il giorno dopo la morte di chi ami, un universo che viene percepito come privo di senso dal soggetto che è costretto a dire addio. È questo quello che prova Mika, chiamata a un percorso di rinascita e di riscoperta.
La sua è una riscoperta che deve fare i conti, però, con il peso dei ricordi e con la solitudine.
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“vivere da soli, in questo mondo, è davvero dura”
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È evidente come la protagonista percepisca un bagaglio troppo pesante sulle spalle. È costretta a trovare una ragione per vivere anche se vivere fa male.
L’indagine dell’autore è senza filtri, un’osservazione spietata che sottolinea come vivere, a volte, non sia la scelta più facile.
Il senso finale del termine Hiraeth si fa più chiaro quando si parla di trasformazione dei ricordi, quando, cioè, i ricordi non sono più dolore lancinante ma rimemorazione dolceamara. I ricordi di un tempo passato, di un amore perso, diventano un peso sì, ma un peso di cui non vorremmo fare a meno.
Vita e morte sono protagonisti di una storia in cui chi vuole morire trova la chiave per vivere e chi vive da troppo tempo trova il modo di morire. Tra riflessioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ci si accorge in Hiraeth che l’uomo che riflette sul senso delle cose è spesso più triste e nostalgico. E, a volte, il peso delle scelte e il fardello di dover andare avanti a ogni costo rischia di fare crollare…