Recensione di “L’inconveniente di essere nati” di Emil Cioran

Ci sono stati pochi libri che mi hanno messo a dura prova quanto L’inconveniente di essere nati di Emil Cioran.

Ritengo sia un’impresa complessa per chiunque parlare di questo libro di filosofia (credo sia difficile dare un’etichetta a questa raccolta di aforismi e pensieri) di Cioran, eppure noi siamo lettori forti e ci troviamo qui a parlarne!

“So che la mia nascita è un caso, un incidente risibile, eppure, appena mi lascio andare, mi comporto come se fosse un evento capitale, indispensabile al funzionamento e all’equilibrio del mondo.”

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L’inconveniente di essere nati è la summa di un pensiero schietto fino all’essere caustico, di uno sguardo disincantato sulla realtà che passa dall’inconscio, dall’intimo per arrivare all’universale.

Le riflessioni partono da un assunto: la condizione ideale è quella che non si può e non si potrà mai raggiungere, ovvero quella di non essere mai nati. Per questo, la morte non è vista come una paura, ma come la fine dell’indefinito, dell’insoddisfazione, del disagio dell’esistenza.

In Cioran si legge, a mio modo di vedere, una perenne insoddisfazione nei confronti dei rapporti con le persone. Più si cresce, più si matura e si affila il pensiero, più si diventa unici e l’unicità va di pari passo con una solitudine che diventa disgusto per l’esistenza.

“Con il passare degli anni diminuisce il numero di coloro con i quali ci si può capire. Quando non avremo più nessuno acui rivolgerci saremo finalmente quali eravamo prima di precipitare in un nome.”

Intrigante è però che Cioran che sfiora con delicatezza e con avidità le idee di morte e di nichilismo, consideri il superfluo indispensabile. Riflettere, analizzare, parlare e utilizzare più parole del dovuto è, per Cioran, superfluo. In questo amore per il superfluo e in questa passione per l’esercizio dell’intelletto per decifrare la realtà ho letto nell’autore una volontà molto “viva” e molto attaccata al reale. Per questo, non mi sorprende che non ci siano dati o notizie in merito a una eventuale depressione clinica di Cioran.

Per intenderci, sembrano le parole di un depresso, ma a leggerle con attenzione, si legge una mente assolutamente viva che, forse, esprime tutto questo “nauseato dissenso” verso le umane cose proprio per il sentirsi al di sopra di tutto, di tutti i dolori e di tutti i controsensi della vita umana.

“I figli si rivoltano, debbono rivoltarsi contro i padri, e i padri non possono farci nulla, perché soggiacciono a una legge generale che regola i rapporti fra i vivi: e cioè che ognuno genera il proprio nemico.”

Cioran è un filosofo spietato che legge dietro i moventi e le azioni dell’uomo il proprio bisogno di tormento. Non ho ben capito, però, se ritenga possibile per l’uomo saggio la possibilità di evitare il tormento o se sia desiderabile il non nascere proprio perché la vita umana sia indissolubilmente legata al tormento.

“Ogni volta che perseguiamo qualcosa lo facciamo per un bisogno di tormento. La ricerca della salvezza è anch’essa un tormento, il più sottile e meglio camuffato di tutti.”

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