Recensione di “La tentazione del muro” di Massimo Recalcati

“Ma l’idea profonda che nessuno si può salvare da solo, che la libertà senza fratellanza è una parola vuota.”

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E mi ritrovo ancora una volta a parlarvi di un libro di Massimo Recalcati, ormai, a oggi, senza dubbio uno dei miei autori preferiti.

Il libro “La tentazione del muro” è un saggio di psicologia – tratto da “Lessico Civile”, programma andato in onda sulla RAI – che affronta il problema della complessa ambivalenza umana, a metà fra il legame e il confine, fra il desiderio di comunità e l’istinto all’erranza.

“Tutti noi siamo gettati in una vita che non abbiamo voluto ma è stata decisa dall’Altro; la nostra vita non è mai, dunque, sin dalla sua origine, senza l’Altro. È l’idea sulla quale Freud ha sempre insistito: non esiste psicologia individuale che non sia già psicologia sociale; non esiste vita umana che non sia vita immersa in una civiltà.”

È un testo che ho trovato di maggiore complessità rispetto a quello tratto da Lessico Amoroso (Mantieni il bacio, ndr). E tuttavia credo che fosse inevitabile perché parlare di civiltà richiede uno sforzo di ragionamento maggiore, perché si va al di là dell’istinto, dell’inevitabile.

Anzi, è proprio il problema della civiltà che deve far fare all’uomo un passo in avanti, fargli comprendere le modalità di coniugare la sua aspettativa di costruire legami e comunità con il desiderio di vivere privo dai confini.

“L’esistenza umana non è solamente desiderio di appartenenza e di rassicurazione, ma è anche spinta all’erranza, desiderio di libertà.”

L’identità umana si definisce per differenza, in rapporto all’Altro. Io sono ciò che è diverso, e allo stesso tempo sono ciò che è venuto prima di me e che io sto portando avanti, verso nuovi confini. L’Altro è un confine di cui abbiamo bisogno per riconoscerci, ma dobbiamo scappare dal tentativo di trasformare il confine in muro, per sentirci stupidamente sicuri.

Capita troppo spesso che si vogliano alzare muraglie per ripararsi dagli altri ma questo toglie ossigeno alla civiltà e a noi stessi. I confini devono essere porosi, non saldi e impenetrabili, perché ci si evolve attraverso il contatto e non sfuggendo dagli altri.

“Quando la vita si sradica, sconfina rifiutando ogni legame e ogni discendenza, quando brucia ogni cosa nel nome di una libertà che si vuole assoluta, allora vengono strappati i vincoli simbolici che danno alla vita il diritto di cittadinanza nella comunità umana.”

Importante è anche l’idea che il nostro istinto all’erranza debba essere tenuto a bada per evitare che diventa istanza di autoaffermazione priva di regole, che non riconosca più il valore dell’altro.

Più di tutto, mi ha colpito come l’opera abbia sottolineata l’importanza dell’Altro, fino a dipingere un’esistenza che perde di significato senza l’Altro. Se non esiste psicologia se non la psicologia sociale, mi sento di dire che dovremmo prendere più in considerazione le parole di Recalcati per ricordarci che non possiamo vivere, al di fuori di ogni legame o formazione sociale, e che troppo spesso ci illudiamo di poter essere al di sopra di quella che è una propensione innata dell’animo umano.

“Se il confine cessa di essere un luogo di transito irrigidendosi in muraglia, la vita muore, manca di ossigeno, il cuore cessa di vivere.”

In conclusione, posso dire di aver letto un saggio che offre spunti interessanti e che, forse, avrei bisogno di approfondire meglio per metabolizzarlo fino in fondo. Come sempre, però, posso dire che i testi di Recalcati sono grande fonte di crescita personale e culturale.

“Quando, infatti, la libertà si pone come assoluta, come contraria alla Legge degli uomini, quando l’unica Legge possibile è la Legge senza Legge della libertà, noi ci troviamo di fronte a una versione perversa della libertà. È la libertà che, negando ogni forma simbolica della Legge, si pone al di sopra della Legge. È la libertà come puro arbitrio, predazione, volontà di potenza.”

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