Recensione di La vita fino a te di Matteo Bussola

“Mi è venuto in mente che l’amore certe volte termina così, sospeso e privo di soluzione, come quei problemi che non abbiamo fatto in tempo a risolvere sui quadernoni delle vacanze estive”.

La vita fino a te di Matteo Bussola è una delle letture che mi hanno sconvolto di più, in vita mia. Raramente, mi sono immedesimato così tanto in una storia letta. Eppure, questa biografia in frammenti di Bussola mi è entrata sotto la pelle e mi ha fatto dire più volte, leggendo gli episodi e le riflessioni dell’autore: “Ma sono io!”

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“Perché i pugni presi in maniera onesta non ti chiudono gli occhi. Te li aprono”.

Si tratta di un’autobiografia che ripercorre la vita (soprattutto quella sentimentale) dell’autore che, a lungo, si è dimenato, tra successi e insuccessi con le donne, fino al momento in cui ha incontrato la compagna con cui ha messo su famiglia.

Parallelamente, scorre anche la sua vita come artista che non ha mai potuto rinunciare a disegnare e raccontare, quasi fosse una condanna a cui non poteva sottrarsi, e non un’attività scelta in modo cosciente e libero.

“Il punto è che ogni incontro con l’Altro è un percorso e a me piace camminare un po’ prima di raggiungere l’altra parte e sentirmi infine a casa. Perché nessuna casa è tale senza un sentiero davanti che ti ci porta, proprio come nei disegni che si fanno dai bambini. È tracciare quel sentiero che costa fatica. Più me ne costa, più so che ne varrà la pena”.

Lo stile di Bussola è eccezionale. Mi ha fatto gridare (quasi) al miracolo. Diretto, efficace, sentimentale, vivo e vibrante. Non saprei che altri aggettivi attribuire a uno stile che riesce a combinare la freschezza del gusto popolare al peso universale dei sentimenti (dell’amore, in particolare).

“Hai presente quando poi vai a casa e cerchi di non pensare a una persona e invece per quanto ti sforzi riesci a pensare solo a lei, e allora poi immagini cosa accadrebe se d’un tratto quella persona – puf! – sparisse per sempre dalla tua vita e allora senti quella specie di dolore, di vuoto, proprio qui sotto lo sterno e allora cerchi di pensare ad altro, mangiare un panino, telefonare a qualcuno, ma ormai è tardi e quel dolore non se ne va più e tu riesci a scacciarlo solo pensando intensamente al fatto che invece quella persona nella tua vita c’è ancora e speri che ci sarà per sempre?”

Leggere la sua riflessione finale sul suo terrore di non poter essere mai il rifugio per nessuno mi ha stravolto lo stomaco, tanto forte è stato il senso di immedesimazione.

Un’autobiografia romanzata che mi ha davvero colpito e che penso dovrebbero leggere tutti gli amanti della narrativa italiana contemporanea.

“L’amore non è mai facile per nessuno, sennò sarebbe una cosa che non vale niente”.

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