Persino all’università, da alcuni professori, mi era stato suggerito questo romanzo, “Cecità”, del premio nobel Josè Saramago. Il libro, pubblicato nel 1995, è sicuramente una delle pietre miliari del pensiero e della letteratura moderna.
Originariamente intitolato “Saggio sulla cecità”, il romanzo è sicuramente una delle opere più “pesanti” e difficili da leggere in cui mai mi sia imbattuto. Ma si intendano questi aggettivi in senso non dispregiativo. Cecità è, infatti, un libro che consiglio a chiunque voglia riflettere sui suoi tempi e, soprattutto, sull’animo umano. Una riflessione sull’animo umano che, però, viene svolta con un punto di vista chirurgico e senza filtri dall’autore. Saramago ci porta negli abissi dell’interiorità umana, e, per il mezzo di un espediente letterario (l’epidemia di cecità al centro dell’opera), mette in evidenza tutte le contraddizioni, le asperità di una natura umana, fin troppo ingentilita dai costumi, dalla società, dalle comodità, dal progresso.
Saramago finisce per parlare degli uomini come se stesse parlando di bestie, bestie in preda alla disperazione di non avere la capacità di dirigersi, di non avere aiuti.
Se la riflessione e l’approfondimento sull’animo umano è il più chiaro dei temi e degli obiettivi che l’autore si è posto nello scrivere un simile romanzo, rimane oscuro al lettore, o, quanto meno, è rimasto oscuro a me quello che, forse, è il secondo tema centrale dell’opera. E sto parlando dell’intento di proporre la cecità degli uomini, ben al di là della patologia fisica che affligge gli occhi dei suoi personaggi. Insistentemente, infatti, Saramago ribadisce come vede gli uomini incapaci di vedere, per dirla usando un gioco di parole. Tuttavia, non risulta chiaro, a mio modo di vedere, se lo scopo di Saramago fosse quello di sottolineare i limiti intrinseci della natura umana o quello di denunciare come gli uomini siano troppo limitati nel vedere, nell’osservare e nel capire il mondo e le cose.
Spendere ulteriori pensieri e parole su un libro tanto arduo e complicato da comprendere sarebbe opera immodesta, nient’altro che uno sforzo di presunzione, pertanto mi limito a dire che è stata una lettura sui generis, ostica ma interessante e, a tratti, spiazzante. Un viaggio nella natura umana che, più volte, mi ha spaventato fino al punto da questionare la mia stessa capacità di vedere, in tutti i sensi.
Senz’altro uno dei libri che ho adorato di più. Complimenti per l’articolo 😊
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è un libro perturbante, un romanzo sulla vita dell’uomo e sui grandi temi universali. è un romanzo che meriterebbe migliaia di pagine di riflessione.
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Sono d’accordo. È una riflessione sulla natura umana che tutti noi dovremmo tenere in considerazione.
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Ha cambiato la mia vita, ha migliorato la mia vita. Quello che distingue un autore normale da un autore enorme è la capacità di trattare tematiche universali a partire da storie quotidiane, con elementi di normalità. Sa indicare i grandi principi del mondo, agitando dubbi e mantenendoci inquieti. Spiega la vita, prendendone le distanze, senza intenti messianici e senza dogmatismi. Sono grato al maestro, sono grato a chi ne tiene viva la memoria. Insomma, lo adoro.
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