Qualche giorno fa ho partecipato a un evento in cui ho avuto modo di incontrare lo scrittore Franco Arminio, poeta e “paesologo”, di cui avevo già letto e recensito il libro “L’infinito senza farci caso“.
In quell’occasione, ho avuto modo di acquistare il suo nuovo libro, “La cura dello sguardo“, che oggi proverò a recensire – anche se, quando si tratta di libri di poesie (o “scritture” come le chiama lui) sarebbe più opportuno dire commentare -, anche alla luce di quanto ho avuto modo di capire durante la chiacchierata con l’autore.
Una mestizia esistenziale
Arminio ha affermato di essere affetto da un malumore costante che alterna a un mal di testa cronico (entrambi aspetti in cui mi riconosco alla perfezione) e credo che sia questo il punto di partenza per parlare de “La cura dello sguardo“.
Infatti, le riflessioni e le poesie che più mi hanno convinto sono quelle in cui si parla di vivere il presente.
La nostra società ci ha imposto l’autoaffermazione, ci ha imposto di perseguire determinati obiettivi (e, in qualche modo, di perseguitare anche noi stessi in questo percorso). E questo è sufficiente a farci alienare, a farci smettere di vivere il presente con entusiasmo, con autentica gioia e con partecipazione.
Arminio afferma: “Bisogna procurarsi un distanziamento da se stessi, incarnarsi veramente nell’aria del mondo, essere soci della luce, mettersi al servizio delle cose”.
Acuta osservazione dei nostri tempi
Quello che apprezzo di Arminio è la capacità di vedere i nostri tempi e i nostri costumi per quello che sono, senza cadere in nessuna trappola.
In molti faticano a percepire i difetti della nostra realtà, delle dinamiche sociali. In molti si illudono, ma Arminio no.
Mi ha convinto il suo modo di parlare dell’epoca che stiamo vivendo e della situazione socio-culturale italiana. Comprende che siamo tutti affetti da una solitudine persistente, frutto di una diffidenza pervicace verso il prossimo, di un’invidia per i successi e per i talenti degli altri. Preferiamo godere dei fallimenti altrui che vivere con slancio e cercare di realizzare i nostri traguardi.
A tal proposito, Arminio parla espressamente della depressione degli italiani: “La depressione degli italiani ovviamente non preoccupa nessuno perché i depressi in genere non danno fastidio. Anzi, uno dei motivi dell’assenza di conflitto sociale è proprio il dilagare della depressione“.
Ci manca la compagnia e la capacità di allontanare la solitudine, ci manca la lungimiranza di creare progetti a lungo tempo per cambiare le cose ed eliminare le disparità.
La terapia
A dispetto del titolo, di cura si parla (relativamente) poco nel libro.
Tuttavia, trovo calzanti le sue riflessioni sulla malattia e sulla cura. La realtà odierna ci ha portati a distorcere la natura della guarigione.
Cerchiamo conforto solo nei farmaci, nei trattamenti asettici, quando, in realtà, abbiamo bisogno di comunità e di passioni, di interessi e di relazioni per stare meglio, per far sì che non viviamo in una lunga attesa del giorno fatale.
Non esiste cura senza terapia e la terapia non può essere solo il farmaco.
Lo consiglio?
Devo ammettere che trovo molto acuto l’autore e che le riflessioni sul rapporto fra l’uomo e i suoi tempi sono davvero degli ottimi spunti per approcciarsi diversamente (meglio?) alla realtà.
Non ho apprezzato molto le poesie d’amore, perché hanno una vena più “aneddotica” che universale, a mio modo di vedere.
Ciononostante, ho avuto modo di apprezzare e di riflettere molto, pertanto sì, consiglio a tutti “La cura dello sguardo”, che potete acquistare cliccando qui.
Un pensiero riguardo ““La cura dello sguardo” di Franco Arminio: un’acuta lettura dell’uomo e della società dei nostri tempi”