Buongiorno amici!
Oggi vorrei parlarvi di un documentario che ho visto un paio di sere fa su Netflix: “The death and life of Marsha P. Johnson”.
Il documentario segue le vicende di Victoria Cruz, un’attivista per il movimento LGBT che ha lavorato nel centro antiviolenza di New York, impegnata a fare luce sul mistero della morte di Marsha P. Johnson.
Chi era Marsha?
Marsha è una figura importantissima del movimento LGBT e un perno della liberazione omosessuale seguita a Stonewall.
Qualcosa che spesso ci dimentichiamo, infatti, è che transessuali e drag queen (Marsha – nata come Malcolm – si identificava come gay, travestito e, a volte, come queen) sono stati in prima fila nelle proteste di Stonewall e nelle manifestazioni che si sono susseguite, per contrastare i soprusi della polizia e una società che opprimeva le minoranze LGBT.
È stata, dunque, una figura prominente e, nella comunità LGBT, era un personaggio molto famoso (aveva persino posato per Andy Warhol).
La morte di Marsha
Il documentario si focalizza sul mistero che ruota attorno alla morte di Marsha, ritrovata nell’Hudson il 6 luglio 1992.
Victoria Cruz – transessuale, vittima di violenza e poi diventata membro del centro antiviolenza per aiutare nuove vittime – segue varie piste e intervista alcuni personaggi che potevano avere informazioni sull’accaduto.
Nonostante nel corso dell’indagine non si riscontrino informazioni particolari che aiutino a fare luce sulla morte di Marsha, il documentario ha il pregio di mettere in chiaro la realtà che vivono le persone transessuali. Soprattutto, chiarisce come la polizia si sia dimostrata spesso poco collaborativa con chi richiedeva informazioni sui delitti dei transessuali. Anzi, era quasi sistematico l’atteggiamento della polizia che dava poco peso agli omicidi di persone transessuali (che, infatti, restavano quasi sempre irrisolti, specialmente se i trans erano di colore).
Considerato anche il clima attuale, comprendiamo quanto sia importante e attuale guardare questo documentario.
La morte di Islan Nettles
Il documentario mette in parallelo la morte di Marsha a quella di Islan Nettles, trans di colore uccisa nel 2013 da un ragazzo che aveva capito solo in un secondo momento che la donna che voleva abbordare fosse transessuale.
Un crimine assurdo, che, però, continua a ripetersi. La paura di essere al centro di prese in giro sembra sufficiente per alcuni per uccidere le donne trans, proiettando su di loro lo stesso odio che provano per se stessi per quell’attrazione che la società ci ha portato a considerare sbagliata.
Sylvia Rivera
Molti spezzoni del documentario ripercorrono la vita di un’altra icona del movimento di liberazione LGBT, ovvero Sylvia Rivera, finita a vivere da senzatetto e condannata per molto tempo all’oscurità.
La storia di Sylvia ci fa comprendere come spesso i gay si dimenticano dei trans, che sono la categoria più discriminata fra tutte. Si dimenticano di sostenere i trans e di lottare anche le loro battaglie, perché loro hanno lottato per tutti e per i diritti dei gay.
Al giorno d’oggi questa è una realtà ancora attuale. I transessuali continuano a essere vittime di una società che non sembra trovare il modo di comprenderli e di rispettarli.
Vedere questo documentario, secondo me, potrebbe aprire gli occhi anche a coloro che difendono la Rowling per le affermazioni che ha espresso riguardo alle persone transessuali. La situazione è, infatti, ancora così critica da risultare assolutamente inaccettabile qualsiasi manifestazione di pregiudizio nei confronti di una minoranza che abbisogna di sostegno, amore e accettazione.
Vale la pena guardare il documentario?
Io vi consiglio assolutamente di guardare il documentario. È stato davvero interessante e piacevole. Permette di scoprire di più su un personaggio carismatico e leggendario per la comunità LGBT, ma anche di comprendere di più la realtà che vivono ogni giorno le persone transessuali.
In settimana lo recupero, sembra molto interessante.
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Consigliatissimo 😘
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