Una delle tematiche che mi hanno spinto a scrivere “Generazione seriale – un viaggio nel mondo delle serie tv” è senz’altro quella di approfondire il concetto di “Homo homini lupus“.
Le serie televisive – divenute ormai veri e propri esperimenti sociali – mettono in mostra la natura malvagia e spietata dell’uomo. Gli show televisivi prendono spunto dalla nostra insoddisfazione e dalla nostra sfiducia nei confronti dell’autorità e degli altri uomini, creando dei prodotti che possono servire a farci riflettere.
In qualche modo, con la televisione riusciamo a sperimentare una catarsi necessaria, che ci aiuta a comprendere quali sono i rischi di una società che ci mette tutti in competizione.
Con “homo homini lupus” (letteralmente “l’uomo per l’uomo è un lupo”) intendiamo quel concetto per cui in uno stato di natura, senza leggi a regolare le nostre condotte, l’uomo tenderebbe a rivelarsi un predatore nei confronti della sua stessa specie.
In un’epoca di enorme frammentazione e di insicurezza, show che incarnano la filosofia dell’“homo homini lupus” non possono che avere avuto grande successo. In più di uno show televisivo, a prescindere dal contesto in cui le storie vengono ambientate, si rappresenta una natura umana sempre più spietata. Una natura umana che inizia a toglierci la serenità perché non ha niente di rassicurante. E paradossalmente siamo sempre più intrigati da queste narrazioni che portano l’uomo a diventare belva, disposta a tutto per la supremazia. In alcuni casi l’uomo che viene rappresentato nella televisione è malvagio senza una vera ragione, è male per divertimento.
Nonostante la frase “homo homini lupus” sia assai datata – la si fa risalire al commediografo latino Plauto – è il postmodernismo a puntare i riflettori su questa concezione. Se originariamente questa visione pessimista esprimeva essenzialmente la consapevolezza che l’animo umano fosse egoista, con serie come “The Walking Dead” o “Westworld” si va ben oltre.
L’immagine che la televisione dà dell’uomo, una volta liberato dalle leggi, è l’immagine di un essere malvagio, guidato dagli istinti che, in alcuni casi, preferisce far male agli altri piuttosto che limitarsi a cercare di ottenere qualcosa di buono per sé. Emerge l’idea di un uomo talmente incapace di bontà da trarre maggiore soddisfazione dalla sofferenza altrui che dalla propria autoaffermazione. In “The Walking Dead”, infatti, appare chiaro, più e più volte, allo spettatore che un’alleanza fra uomini potrebbe portare solo vantaggi, ma in un mondo privo di regole e di sanzioni è impossibile prevenire la logica della prevaricazione del più arrogante, del più prepotente e di colui che, in definitiva, si sente più forte.
La sfiducia sulla natura umana che ci hanno trasmesso questi tempi è tale che abbiamo smesso di credere persino ai capisaldi delle teorie antropologiche. L’uomo non è guidato più o principalmente dall’istinto di sopravvivenza, ma ha un vero e istintuale bisogno di fare del male, anche quando fare del male significa esporre se stesso a dei rischi.
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